Ascolta il mio silenzio


III.

Nascendo ho sposato il Silenzio.
Fedele nel rotolar degli anni.
Ma una sera è successo l’irreparabile:
mi ha tradito con la Notte


ELEGIA DI CASA VISSUTA

Su queste colline lauretane
scolpite d’acre fatica di contadine
d’un passato di pontificio padronale
riprende il mio cantare.
Si propaga nella valle,
risale al colle dell’Infinito
per ricercare l’idioma del proavo.

Erano queste – proprio queste – le mezzadrie
in cui i vergari chiaccheravan coi fattori
per decidere il tempo del raccolto.
Le vergare, forti del vissuto,
mettevano sull’avviso le giovinette
su come chetare la di lui voglia.

Nelle notti di veglia d’inverno
- per passare il tempo -
i villici scendevan nella stalla
travestendosi pagliacci o giureconsulti,
rientravan nell’ampia cucina
per recitare la propria storia.

La neve vestiva la contrada.
La torre del Passero solitario
all’orizzonte troneggiava
e timido l’usignolo alla cascina s’avvicinava
becchettando dintorno al pagliaio chicchi di grano.

Vivo ora in un’isola di nome Silenzio.
Thulcandra d’un popolo soggiogato:
e nelle notti d’una giovinezza rimpianta
il dolore schiavizza la fantasia


Ascolta il mio silenzio, Cantagalli, Siena, 1999, pp. 136.