QUANDO IL PARLAMENTO E’ CONTRO LA LINGUA…

Febbraio 20th, 2012

   

La VII Commissione (Cultura, Scienze e Istruzione) della Camera è stata chiamata per esaminare il nuovo testo della proposta di legge C. 4207, recante   per oggetto: «Disposizioni per la promozione della piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva e riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana». Il testo, unificato, proviene dalle varie proposte legislative di quasi tutti i Partiti presenti in Parlamento, e licenziato dalla   Commissione permanente del Senato durante il Governo Berlusconi, ha avuto,  in data 16 febbraio, il «parere contrario» dalla VII Commissione della Camera dei Deputati.

Il verbale finale della Commissione, che non dice proprio niente sui processi linguistici della lingua  visuomanuale plaudita, per darvi un’idea, da  geni del linguaggio come Noan Chomsky e, in Italia, dall’ex-ministro dell’istruzione, Prof. Tullio De Mauro, che tuttavia ha la “colpa”  di non averla favorita  nell’insegnamento nella scuola  si ogni ordine e grado (…). Il parere contrario della Commissione recita, con ipocrisia, di ottemperare «grande attenzione e cautela» (sic), come dire che, “segnare” con le mani sarebbe come se, i bambini o gli scolari siano loro sordi o udenti, maneggiassero coltelli….
 

Sorge l’interrogativo, ma che parlamentari abbiamo? Infatti, costoro sono deputati «normali», pensano con gli orecchi (sic) che,   molto probabilmente, non  favoriscono un processo di analisi di tematiche del visivo e della motilità. L’ipocrisia della VII Commissione è massima, direi offensiva (!). Si dice, nello strampalato comunicato di rigetto della LIS, che occorre «produrre la massima inclusione nella società delle persone prive dell’udito, e che il riconoscimento della lingua dei segni, già peraltro, di fatto, pienamente utilizzata (??? gli interrogativi sono nostri), potrebbe portare più che ad includere i non udenti nella società piuttosto ad escluderli…» (sic). Allora la nostra riflessione conduce a questo: se la LIS utilizzata nella società condurrebbe all’esclusione, si affermino i contesti in cui avverrebbe! Portate argomenti scientifici! Confrontatevi con quei sordi capaci di ribattere in possesso di titoli scientifici! Non vi avvedete, signori Onorevoli, che siete ridicoli?  Wittgenstein afferma, lapidario: «Non prendere mai posizione su un argomento che non conosci bene!»

Andiamo in una classe dove frequenta la scuola un bambino sordo o ipoacusico, verifichiamo l’attività didattica della sua “insegnante di sostegno”, facendo attenzione alla  comunicazione e vi avvedrete, esimi  onorevoli…. Non ci siamo proprio: e non si uscirà MAI dal tunnel in cui siamo precipitati perché, nelle nostre Università, prevale ancora un insegnamento psittacistico della conoscenza della comunicazione dei sordi o ipoacusici. Sono frasi per lo più orecchiate dagli udenti dappoco, non da studiosi del linguaggio e della mente!. A questo punto si potrebbe dire che, la 1^ Commissione del Senato che aveva approvato l’iter della legge sulla LIS, è composta di uomini e donne fuori dal mondo, a meno che, la Presidente dell’ENS precedente, Ida Collu, sia stata molto abile, molto intelligente, molto ferrata nella conoscenza dei processi psicolinguistici dei sordi portando argomenti forti per convincere i senatori.
 

Qualcosa non torna, signori! Allora chiudete tutto ciò che è gestito dagli udenti per i sordi, affidando ogni realtà alla loro gestione diretta, a partire dai telegiornali della LIS. Come fanno le TV statali in alcune Paesi! Gli utenti sordi si autogestiscano l’informazione… Qui, se qualcuno non l’ha ancora intuito, si apre una diatriba senza fine. Ci stimiamo abbastanza intelligenti e colti da tenere testa, in un dibattito pubblico, alla presenza di giudici imparziali, sulla validità o meno della LIS, nei processi di apprendimento. Questo non vuol dire che respingiamo la parola verbale.
 

L’imbroglio è evidente: da una parte operatori per i sordi formati, o presenti a livello volontaristico, che agiscono con una formazione  «pressappochistica», tipica in Italia; dall’altra  professionisti  superformati, che si credono vessilli della  «normalità», della sanitizzazione, prendendo a modello Apollo, prototipo di vedere/ascoltare/deambulare alla perfezione…Il bambino deve imitarlo: e sarà tanto più «normale» (!) quanto più saprà immedesimarsi nel suo corpo.  Altro imbroglio allora: il corpo considerato come oggetto di lucro? Con quale coraggio un parlamentare afferma che approvare la LIS significa distogliere risorse per la riabilitazione eccetera? Non ci siamo! E’ la lingua verbale propria degli udenti che, blaterando in continuazione, finiscono per riempirsi la bocca di vuote parole, confondendo proprio tutti. Il pregiudizio sarà eliminato quando riusciremo, in uno Stato democratico, valutando la meritocrazia, avere programmi specifici di formazione e ciò che effettivamente gli operatori, che si dedicano alla scolarizzazione, alla cognitività e all’abilitazione dei sordi hanno l’obbligo di studiare.

QUANDO GLI UDENTI USANO I SORDI…

Febbraio 15th, 2012

(22.07.1986) La più grande tragedia del sordo non è la sordità in se stessa,  bensì il momento in cui finisce tra le mani di persone senza scrupoli, che lo strumentalizzano per ottenere favori dal potere politico,  irraggiungibile altrimenti senza approfittare della disabilità sensoriale dei sordi.

IL MINISTRO NON CONTINUI A BERLA…

Febbraio 13th, 2012

Credo che sia difficile, in futuro, che i sordi e gli ipoacusici siano protagonisti nella società; per “protagonisti” mi riferisco alla loro capacità di manifestare i reali bisogni psicocognitivi e sociolinguistici, come avviene ai simili in tanti Paesi dell’EU. Invece, in Italia, siamo incarcerati nelle lobby. Costoro sono facilmente individuate nei settori sanitari, con la fisima di voler risanare, o addirittura sradicare la sordità dalla faccia della terra. E’ ovvio che, per un genitore, è bramosia avere un figlio «sano». Ma il piccolo sordo è sano e vispo: il genitore prende sempre  per modello (cfr R. Pigliacampo, 2008) il coetaneo con tutti i sensi ben funzionanti (…), riportando il discorso sul leitmotiv della normalizzazione

Un altro  principio emerge in Italia: la carenza della formazione specifica del personale che si dedica al settore scolastico e linguistico (intendo l’interazione col bambino e non agli aspetti logopedici…). Una percentuale di tale personale sospinge i sordi, loro stessi  bisognosi di supporto culturale, con spesso limitata comprensione di temi sociali, se non che la smania di gridare alla LIS, messa in testa ai dirigenti di associazioni più o meno grandi. Approvo la validità della lingua italiana dei segni, ma deve entrare nel contesto - anche teorico - con altre appropriate discipline d’insegnamento, tramite un’ottima programmazione per formare operatori qualificati! Oggi il MIUR, di cui ho fatto parte per un periodo nella Consulta nazionale, non compie lo sforzo di formare docenti e personale secondo l’evoluzione psicocognitiva e sociolinguistica  del bambino sordo in carico, ma esclusivamente per le smanie di chi gestisce il potere sui o per i sordi. Verissimo che un’elevata percentuale di docenti e operatori (assistenti alla comunicazione, interpreti di LIS o labiali) è «ignorante» sulle tematiche e problematiche della sordità, ma molto di più lo è chi si qualifica «professore» di discipline di cui non ha la base principale, che implica studiare prima lo sviluppo del bambino senza deficit sensoriali. Ecco che diveniamo complici talvolta di persone che, per il fatto di sapere qualche segno significativo, si spaccia di possedere conoscenze che, messe di fronte ai sordi professionisti (psicologi, pedagogisti, sociologi, ecc.) si squagliano come neve al sole! Di fatto la responsabilità ricade sul ministro dell’istruzione che va avanti alla giornata. Ci sono sordi con studi e titoli accademici all’altezza di fornire indicazioni, che gioveranno a tutti i bambini. Si abbia l’umiltà del confronto: e che il ministro non la beva, come troppo spesso succede!

IO COL MIO SILENZIO

Febbraio 13th, 2012

«Corriamo il pericolo di lasciare dormire tante parti del loro potenziale, non per malvolere, ma perché il tradizionale ruolo assistenziale ha generato una tendenza di pessimismo: gli esseri umani, compresi gli insufficienti mentali, possono diventare solo ciò che da loro si aspettano quelli che li circondano» così scrive Geoffrey Harris.  I  sordi e gli ipoacusici - e tanti altri  restati un passo indietro da chi si appropria di una presunta normalità - finiscono per sperimentare il condizionamento che, alla lunga, ci fa smarrire la nostra strada  maestra. Nessun delitto è tanto atroce quanto quello commesso dall’uomo normale! E «normale» rispetto a chi? Noi abbiamo bisogno di esigenze differenziate, che implichino impegni di persone intelligenti e colte con  equilibrata personalità. Il resto siamo noi - persone - nella nostra creatività di scambi con gli altri.  Eppure continuano a parlare di noi indicandoci “i diversamente abili”. Coniano di continuo nuovi termini a che pro o per che cosa? La società ci utilizza a pro domo sua. Ho scritto più volte che, molti handicaps, sono inventati dai normali, sì  - i normali -. Vorrei essere uguale a me stesso: capace di esprimere  le mie potenzialità, tutte. Negative e positive. Quelle devo dominarle con l’intelligenza, queste ultime devo esercitarle nella maieutica socratica. Il resto sono io, col mio Silenzio.  

Il cuore è un cacciatore di… parola?

Febbraio 11th, 2012

E’ probabile che abbiate letto il romanzo di Carson McCullers Il cuore è un cacciatore solitario, un classico della letteratura americana, edito in Italia dapprima da Longanesi, poi dall’editore Corbaccio. La storia è imperniata sulla figura di John Singer, un orologiaio sordomuto. Che succede? Attorno a lui si ritrovano quattro personaggi: il loro fine principale è “parlare” ed essere “ascoltati”. E la scelta di Singer appare un paradosso! Jake Blount è un alcolizzato che vuole cambiare il mondo attraverso l’ideologia marxista; Benedict Copeland è un medico negro che ha speso tutte le sue energie per la causa dei fratelli negri; Biff Brannon è il proprietario del New York Caffé, con un gran cuore per gli emarginati e Mick, ragazzina con una passione sfrenata pr la musica, un numero imprecisato di fraratelli e sorelle ma nessun soldo in tasca. Singer labiolegge le labbra con pazienza, riuscendo a risollevare a ciascuno gli animi turbati dall’esistenza della vita e dalle sconfitte. L’orologiaio comprende gli altri ma anche i limiti delle proprie difficoltà di comunicare, riversando il desiderio di comunicazione su Antonopoulos, un amico sordomuto a cui lo lega la spontaneità d’accesso alla lingua dei segni. L’amico segnante è ricoverato in manicomio, Singer gli scrive stupende lettere, senza mai imbucarle. Gli racconta che le uniche gioie della sua vita sono state quelle trascorse insieme parlando a segni, aprendosi alle stesse esperienze. Il testo di McCullers ci induce a pensare alla vacuità delle relazioni umane e all’isolamento sperimentato, da ciascuno di noi, quando  dileguano i propri ideali, soprattutto il bisogno fondamentale di scambi relazionali, per lo più oggi spersi nella sopraffazione dei media.

Perché io sono sordo

Febbraio 6th, 2012

13.01.197(13.01.1977) Chi non va alla ricerca delle capacità dei sordi dalla nascita o divenuti in età evolutiva, chi non le apprezza, chi non le ama, chi approfitta dei sordi, grandi o piccoli che siano, per commuovere l’opinione pubblica, chi si spaccia per esperto educatore di sordi e non lo è, chi dimentica di avere due sensi intatti e, con gli stessi, tenta di dominare o soggiogare il sordo con prille parole a lui ignote, chi scorda che la vita gira veloce e ciò che oggi è doloroso per me domani potrebbe essere tuo (…); insomma chi agisce in questo modo non è degno d’essere mio amico perché io sono sordo.

Il Silenzio… ultima àncora di salvezza

Febbraio 4th, 2012

 Da “Itinerario di Silenzio” (20.10.1980) La comunità dei sordi mi ha insegnato molto. Non posso accostarmi ad essa senza dirle grazie. Chi non vuol vedere, chi non vuole ascoltare difficilmente scoprirà il nuovo e il profondo nella cultura, nell’arte, nella forza di emancipazione dei sordi; e come potrebbe  essere diversamente se tutto è fondato sulla ripetizione e il tecnicismo? Oh non si avvede che il Silenzio è l’ultima àncora di salvezza?!  

Il sordo diventi cosciente del proprio ruolo sociale

Gennaio 29th, 2012

Itinerario di Silenzio (10.07.1972) Il sordo sarà tanto maggiormente educato quanto più prende conoscenza del suo stato di disabile d’udito. Invece, nei nostri istituti, sin dai primi anni d’inserimento si nasconde la realtà, il prendere coscienza di sé, e, una volta lo studente ottenuto il «pezzo di carta», che quasi mai corrisponde al valore culturale e professionale, si trova infelice e spaesato nella società degli udenti. Per educare i giovani sordi bisogna parlargli, affermando la verità sulla propria condizione. Invece nei nostri istituti si mente. Ai giovani sordi bisogna insegnare la vita così come è, e non nascondere la dura realtà che dovranno affrontare una volta fuori, in quell’egoistico comportamento di tutorato degli assistenti delle sezioni territoriali. Se vogliamo che i sordi diventino veri uomini dobbiamo trattarli da “uomini coscienti“, e non circondarli d’infantilismo pidocchioso, che ha il fine di tenere i sordi buoni buoni, d’essere usati - da parte di taluni udenti che li circondano - quali mezzi per i propri comodi, che sono l’ottenimento di miliardi dallo Stato, che solo una minima parte va a finire nelle tasche dei sordi, intendendo per la loro educazione, per la promozione sociale e l’assistenza economica.

Riflessioni sulla sordità

Gennaio 26th, 2012

L’8 maggio 1980, 32 anni fa, Renato Pigliacampo scriveva nel suo Itinerario di Silenzio:

   

La sordità è un gravissimo handicap che annulla o discrimina il rapporto sociale con i membri della comunità udente, oppure la altera. Cosicché questa menomazione sensoriale, presente nell’individuo, devia o modifica i processi dello sviluppo psichico, in rapporto allo standard di vita della comunità sonora. Inoltre la persona sorda mette a soqquadro le istituzioni nelle loro tradizioni, schemi prefissati, nei rapporti gerarchici, eccetera.

Ancora nella realtà di quanto accade attorno al sordo, egli non sembra soggetto passivo, intendo dire che non subisce l’altrui influenza nelle scelte. Come spesso accade ad altri disabili. Il sordo è una persona che partecipa o pretende di partecipare: è individuo attivo nella comunità. Ma il suo aderire in essa è culturalmente diverso, originale. Per questo spesso non è capito. E’ generoso quando non è richiesto esserlo; astioso quando tutti scherzano e ridono; avaro quando gli altri donano. Tutto ciò “dice“ un fatto essenziale: il sordo non sperimenta il condizionamento dei media. Mai non ne è dominato. Nella propria sfortuna esistenziale di vivere la disabilità resta libero: persona che “cresce“ e “cala“ secondo le proprie capacità e virtù. Egli resta padrone del proprio mondoSe questo lo privilegia da una parte, dall’altra si rivela una tortura perché la società - questa società degli anni ‘80 - è a misura  di un individuo con sanità d’udito. Chi non sente o non parla bene è tagliato fuori senza rimedio e possibilità d’appello. Ecco allora che vanificano le ricchezze in  una forma di tensione, direi nevrosi, verso una società vile ed egoista che, per lui, non fa niente.  E quanto analizzato sopra ci convince che non amiamo il sordo (o non lo vogliamo comprendere) e, probabilmente, non lo capiremo mai. Perché non lo amiamo o perché, quando lo accostiamo, lo facciamo con la presunzione di imporgli il nostro punto di vista, il nostro modo d’essere udenti! Per esempio: la lingua verbale, l’ideologia, la religione, l’hobby, l’idioma locale e così via. Lo “vediamo“ e “sentiamo“ solo come persona da strumentalizzare,  raramente da aiutare con idonee strutture e personale specializzato nella comunicazione per una condivisibile serena esistenza coi cosiddetti ‘normali’. Perciò succede che il sordo fugga da questa società acustico-sonora per vivere coi simili. Con essi si rilassa nella lingua dei segni. Sa che sperimentano il suo stesso modo di percepire il mondo; e questo lo fa contento, libero. Libertà tutta sua e, nello stesso tempo, degli altri uguali. Ecco che egli non deve integrarsi in una comunità che si dichiara normale, è  quest’ultima che deve inserirsi nella comunità dei disabili d’udito e parola. In conclusione potranno essere riconsiderati significati come inserire, socializzare, scegliere, sapere, conoscere, lavorare, studiare, comunicare, per il fatto che saremo di fronte alla  “scelta“ drastica d’amare uno che non può essere come tu sei, che hai sempre visto dall’alto in basso, o dall’altra parte del fosso, e gli getti un aiuto perché venga da te solo quando ti fa comodo per quietare i rimorsi o gli irrazionali impulsi di solidarietà.      

LINGUA dei SEGNI ITALIANA

Gennaio 22nd, 2012

 (dal Nuovo dizionario dlla disailità, dell’handicap e della riabilitazione di Renato Pigliacampo, Armando, Roma 2009, riprendiamo la “voce”:

Il  sordo di nascita “segna”, cioè esprime coi segni manuali ciò che pensa e desidera da…sempre. Se dovessimo scrivere la  “storia del sordo” dobbiamo principalmente scrivere la storia della lingua dei segni del suo Paese. Purtuttavia, LdS, è sempre stata scarsamente valutata sia da presunti esperti dell’educazione dei sordi che dalle famiglie, le quali hanno sempre convissuto con l’ansia che, se il figlio non fosse stato capace di “apprendere a parlare” (inteso nella capacità di districarsi coi codici vocali), non sarebbe stato ma stato considerato normale.
Storia. Il primo studioso e linguista a valutare la LdS è stato il prof. William Stokoe (1960) che, chiamato ad insegnare nella famosa  “Gallaudet University” per sordi, fu dapprima stupito e poi incuriosito dalla “lingua espressa con le mani”. Con l’aiuto di collaboratori del Gallaudet College sperimentò due gruppi: soggetti-udenti parlanti e soggetti-sordi segnanti (1975) dimostrando che il segnare è altrettanto efficace del parlare; anzi spesso segnare rivela maggiore efficienza nell’informazione referenziale. Occorre ricordare in ogni caso che già l’Abbé de l’Epée, nell’Istituto Nazionale per Sordomuti di Parigi, aveva dato grande valore al linguaggio dei gesti  (com’era indicato). La fama dei ragazzi sordomuti istruiti coi “gesti” varcò addirittura l’Oceano, tanto che il filantropo Thomas Hopkins Gallaudet, decise di venire in Europa e visitare la scuola di Parigi, diretta ora dal discepolo di l’Epée, Sicard. L’americano ne fu entusiasta. Riuscì a convincere un giovane sordo, Clerc, a, seguirlo in America per insegnarvi i segni. Dopo questo periodo pionieristico, ci fu un black-out, culminato col famoso congresso di Milano del 1880, che ribadiva l’educazione dei sordomuti attraverso il “metodo orale puro” (sic!). Per quanto riguarda Stokoe,   le successive ricerche misero in risalto che la sua intuizione linguistica sulla LdS era veritiera: la LdS si proponeva lingua vera e propria, con la sua grammatica, l’etimologia, la semantica, eccetera. Inoltre il linguista dell’Università per sordi aveva individuato tre parametri fondamentali: il luogo; la configurazione; il movimento. Gli anni Sessanta furono caratterizzati dall’impostazione teorica; gli anni Settanta dalla valutazione dell’intrinsecità di questa lingua, che aveva doviziosità d’espressione nelle sfumature dei movimenti o nell’espressività; gli anni Ottanta iniziarono con studi e ricerche comparative tra la LdS e la lingua vocale, attirando l’attenzione di insigni linguisti quali Chomsky e altri, e vari convegni internazionali promossero la LdS allo status di lingua allo stesso livello delle lingue orali.  Alcuni Paesi europei, e States americani, legiferarono per riconoscerla alla stregua di altre lingue cosiddette minoritarie, utilizzate cioè da comunità ristrette.
Luoghi della LdS. I segni non vanno fatti a caso, cioè hanno riferimenti precisi nello spazio (luoghi in cui si segna). L’area nella quale si segna è chiama spazio segnico: si estende dall’estremità del capo alla vita e da una spalla all’altra.. Nel segnare hanno importanza fondamentale l’espressione facciale, la posizione del capo e del tronco, perciò non dovrebbero mai essere offuscati (coperti) segnando. Solo qualche segno, per esempio il segno Africa, copre - eseguendo il movimento - il volto. In alcune LdS, nell’ASL (American Sign Language) i luoghi segnici individuati sono 12; il BSL (British Sign Language) ha adottato 23  “sedi”. La LIS (Lingua dei Segni Italiana) ha “trovato” 15 luoghi. Sono i seguenti: spazio neutro (i segni sono eseguiti di fronte al corpo di chi segna. Segni quali chiave, bambino, montagna); spazio facciale (i segni eseguiti su tutta l’area della faccia sono rari. Segni: Africa, sbagliare, nebbia); spazio superiore e lato del capo, tempia e fronte (è una zona molta vasta, serve per planare molti segni, tra cui vescovo, diavolo, difficile, sognare, somaro); spazio occhio (interessa l’occhio e l’area attorno allo stesso: vedere, binocolo…); spazio naso (è la zona del naso. Segni: avvocato, cattivo); spazio guancia ( riferimento ala parte della guancia: papà, cresima, donna); spazio orecchio (area dell’orecchio e circostante:  ciliegia, sentire, capire); spazio bocca (zona delle labbra e area adiacente:  mangiare, offesa, rosso); spazio mento  (area del mento e sottomento: chi?, bello, scusa, mamma); spazio collo (zona indicante del collo, del mento e delle spalle: colletto, costretto, porco);  spazio della spalla e del tronco superiore (si fa riferimento ai due lati del tronco superiore e alle spalle: avvertimi, responsabile, mio); spazio petto (si fa riferimento alla zona centrale del tronco: rimorso, fiducia );  spazio del tronco inferiore e anca (i segni indicativi: figlio, fame); spazio del braccio superiore, inferiore e gomito (segni su tutto il braccio, compreso il gomito: povero, maleducato); spazio del polso (è una zona molto ristretta: malato, prigioniero, bracciale). Tutti i segni dunque hanno uno spazio, che possiamo metaforicamente affermare che è la loro casa o residenza.
Le configurazioni. La mano è la macchina più stupenda e complessa che esiste. Può adattarsi a molte configurazioni nell’esecuzione dei segni. Stokoe, nell’ASL, aveva individuato 19 configurazioni o cheremi, che raffigurò con un simbolo corrispondente alle lettere dell’alfabeto manuale e a numeri cui esse corrispondevano nella cultura sorda e, eventualmente, udente americana. Le configurazioni riscontrate nella LIS sono 38, delle quali 6 di utilizzazione ristretta, per lo più adottate come lettere d’alfabeto), delle restanti 32 solo 25 possono considerarsi configurazioni distinte, le restanti 7 sono configurazioni che si modificano  in vari segni.
I movimenti. La vista vede, appunto perché vede sa dove si trova un oggetto e lo considera quando si muove. Il movimento dà vita al segno, lo veste. Così come avviene per la parola vocale nell’intonazione. Il/i movimento/i è/sono fondamentale/i per conoscere il contenuto del segno. Bisogna valutare, poi, la posizione della mano. Prima di “muoversi” la mano o le mani devono prendere una posizione, che è assunta rispetto al corpo e/o all’altra mano.  Stokoe ha tenuto in considerazione l’orientamento pensando però solo all’orientamento del palmo, fermando l’attenzione sullo spazio e l’articolazione. Nella LIS le posizioni della mano sono: polso piegato (in avanti e all’indietro, di lato); orientamento del palmo e direzione del metacarpo (verso l’alto, verso il basso, verso sinistra, verso destra, verso il segnante, verso l’avanti); posizione della mano o delle mani verso il corpo; posizioni nello spazio delle mani in segni a due mani. Dopo l’attenzione sulla posizione delle mani, occorre valutare il parametro movimento. Stokoe ha fatto presente che nell’ASL ci sono all’incirca 24 movimenti. Stokoe specifica che i tratti di ciascun movimento è diviso in quattro categorie: direzione, maniera, contatto e interazione.
Aspetti morfo-sintattici. Chi non conosce a fondo la LdS sia a livello teorico sia pratico suppone che sia priva di strutture grammaticali che permettono di descrivere la lingua vocale. E’ noto che, gli ignoranti di tale lingua, pongono le solite domande su: come la classe dei nomi da quella dei verbi? Come distinguere, senza coniugazioni del verbo, la persona, il numero, il tempo o il modo? E che dire dei pronomi possessivi, personali o dimostrativi?  Chi ha esperienza di studio delle lingue vocali avrà notato che ciascuna lingua si giova di particolare elementi lessicali per discriminare il significato o il referente. Alcune lingue molto flessibili, come l’italiano o il latino, ricorrono a un sistema di alterazioni fonologiche delle loro parti lessicali. Invece le lingue analitiche, il cinese o l’inglese per esempio, possono ricorrere a particolarità (il tono in cinese) o strumenti semantici, pragmatici o sintattici (per esempio l’inglese). E nelle lingue dei segni spesso si ricorre alla ripetizione del movimento o di alcuni tratti, alla durata, all’intensità o all’ampiezza. Questa flessibilità delle lingue dei segni appare funzionalmente e concettualmente adeguata ai processi morfologici di tipo analogo riscontrati in molte lingue vocali (E. Pizzuto 1987). E’ evidente che la grammatica della LdS va studiata su precise regole fornite, non solo dall’esposizione a tale lingua e nel dialogo segnico, ma anche da un docente di lingua dei segni.
Ordine dei segni. Dalla metà degli anni Sessanta si è iniziato a dare importanza, nelle lingue vocali, all’ordine delle parole nella frase. E nella LdS che accade? Nell’ASL è stato notato che l’ordine segue SVO (soggetto-verbo-oggetto). Comunque è stato fatto presente che ordini diversi sono presenti quando si voglia indicare a) un elemento topicalizzato, b) il  soggetto e l’oggetto sono irreversibili, c) il segnante usa lo spazio come indicatore di meccanismi grammaticali. Anche in LIS segue l’ordine VSO, con variazioni di spostamenti topicali dell’oggetto a sinistra (OSV) o del soggetto a destra (VO,S).. L’ordine SOV è accolta quando c’è una pausa dopo il primo elemento.
   Altri aspetti che accompagnano l’emissione della LdS è l’espressività facciale o la postura del corpo per rappresentare sentimenti, emozioni o stati fisici.
La LdS è utile per aiutare il bambino sordo ad accedere concettualmente nella lingua vocale (Bouvet D., 1986) e soprattutto lo favorisce per entrare in comunicazione coi simili coi quali, relazionando, perfezionerà tale lingua, utile nello sviluppo cognitivo e nell’informazione.
Vedi:
N. Angelini - R. Borgioli - A. Folchi - M. Mastromatteo, I primi 400 segni. Piccolo dizionario della Lingua Italiana dei segni, La Nuova Italia, Firenze 1991.
D. Bouvet, La parola del bambino sordo, Masson editori, Milano 1986.
M. Caselli - S. Corazza, LIS. Studi, esperienze e ricerche sulla Lingua dei Segni in Italia,  Edizioni Del Cerro, Tirrenia 1997. 
R. Pigliacampo, Parole nel movimento. Psicolinluistica del sordo, Armando, Roma 2009.
E. Radutsky, (a cura di), Dizionario bilingue elementare della Lingua Italiana dei Segni, Edizioni Kappa, Roma 1992.
O. Romeo, Dizionario dei segni, Zanichelli, Bologna 1991.
O. Saks, Vedere voci., Adelphi, Milano 2000.

V. Volterra, (a cura di), I segni come parole: la comunicazione dei sordi, Boringhieri, Torino 1981
V. Volterra, (a cura di), La lingua italiana dei segni. La comunicazione visivo-gestuale dei sodi, Il Mulino  Bologna 1987.