Non farsi manipolare

Settembre 1st, 2013

(Il 30 settembre 1979 scrivevo quanto segue)

 

Noi sordi non dobbiamo farci manipolare o, peggio, svenderci a gente dappoco, o che stazioni nell’infima politica coi propri comprimari. Quella gente ci usa per raggiungere i vertici delle istituzioni, o per entrare nelle stanze ministeriali. Dobbiamo avere - lo dico ancora una volta  -  dignità e intelligenza di liberarci della gente che presenta la nostra disabilità come una «colpa» divina da scontare in terra, con radicati pregiudizi frenanti lo sviluppo dell’identità d’essere persona autentica in grado di saper fare. Mi sono sempre impegnato negli studi per raggiungere un giudizio indipendente, mai condizionato dall’altrui bla-bla, affinché maturassi la libertà di scelta. E’ stata sempre una «lotta» solitaria che, in troppi, hanno visto da una parte sbagliata. Ma noi sordi gravi quale via possiamo imboccare per emanciparci se non che con una atto rivoluzionario che ‘spezzi’ le catene dei secolari condizionamenti?

Da sempre, quasi tutti noi sordi, ci affidiamo alla legge «482/1968» per ottenere un “posto di lavoro”. Questo implorare ai piedi del “potente“ di turno ha debilitato la nostra intelligenza, spento il nostro coraggio sospingendoci a delegare le nostre istanze agli «assistenti». Costoro, alla lunga, si sono messi davanti a noi, strappandoci la bandiera di mano; invece di aiutarci, in modo diligente, per la nostra causa, hanno deviato per proporre, ai politici, la soluzione dei loro  problemi di “assistere i sordi” o attribuendosi “esperti  educativi”. Tante volte mi sono accorto che, la mia idea di protagonista, era ferita, foggiata in modo erroneo su suggerimenti di chi fomentava dall’esterno! E’ triste ammetterlo, ma è così. E mentre la rassegnazione sperdeva il primigenio entusiasmo, soffocando a poco a poco le energie di ribellione, non taccio l’avvilimento presente in tantissimi giovani disabili,  divenendo    in qualcuno cronico, trasferendosi nell’uso di droga, di violenza cieca per futili motivi, nel sesso mercimonico, nell’incoscienza di correre oltre ogni limite con moto o auto, come volesse esorcizzare la disabilità  con un comportamento di vita sregolato.

Renato Pigliacampo

da Pensieri e riflessioni sul Silenzio

Non vogliamo essere freaks!

Agosto 26th, 2013

Il termine inglese «freak» sta ad indicare, letteralmente «fenomeno, anomalia», corrisponde al termine latino «monstrum» o al greco «tèras». Dal termine freak ha origine «frakkettone» italianizzato in fricchettone, utilizzato negli anni Settanta del secolo scorso per indicare i seguaci del movimento hippy.
Qualcuno ricorderà il famoso circo Barnum.  Barnum fu il primo impresario a intuire che l’osceno, il mostro, il diverso avrebbero potuto  incuriosire i «normali» e, quindi, potevano essere fonte redditizia  (per la sua impresa circense). Barnum si dette da fare per  cercare, in ogni dove, gente mostruosa, che addestrò a recitare per il suo Circo. Ecco che presenta agli spettatoti la donna barbuta, la donna cannone, i gemelli siamesi, il nano cavallerizzo e tanti altri «poveretti» deformi nel corpo. Dunque mostra il diverso per far denaro: il sano imprenditore  (Barnum) ammucchia soldi  “vendendo” la disabilità, allora la ‘mostruosità!

Oggi siamo sulla stessa linea? Forse che sì o forse che no. Quando parliamo o scriviamo di «disabilità» dobbiamo svolgere, talvolta, una verifica di controllo della/e persona/e  del cosiddetto «normale» e a che scopo, d’improvviso,  si fa avanti  per comandare o gestire la comunità dei disabile, o un determinato Gruppo.Riflettiamo, per esempio, sul fatto del bambino sordo che passa ore e ore con la logopedista allo scopo che possa articolare in modo chiaro le parole e strutturare il linguaggio della maggioranza. Spessissimo ci viene imposto, dalla società, di dare l’ostracismo a qualcosa per il semplice motivo che siamo unici o in minoranza a considerare quel che ci piace, oppure ciò che ci è più comodo per esprimere le nostre potenzialità psicointellettive e affettive. Il concetto di «beltà o bellezza» sono personali. Così tante altre indicative connesse alla persona con una specifica disabilità! Infatti, la scelta del partner per il fatto di piacerci o che giudichiamo bello/a  dipende da tantissimi fattori: elementare realtà nota a tutti gli psicologi.Oggi, fra gli individui adulti o in età evolutiva con disabilità, solo i sordi  e gli ipoacusici non ‘mostrano’ l’handicap invisibile, almeno sino a quando stanno zitti (sic!). Ma nell’assenza o carenza di adeguate strutture, e di personale qualificato, la sordità ne frena l’accesso alla partecipazione attiva. Sono dunque le «barriere di comunicazione», l’ignoranza dell’interlocutore, la  sua scarsa pazienza e sensibilità che impongono il sordo a uscire dalla babele del chiacchiericcio sociale per starsene in solitudine umiliato e avvilito, talvolta con esplosione d’ira che, gli udenti, giudicano  subito come sintomi psichiatrici.

Ebbene quando il sordo inizia ad esprimere un pensiero autonomo e costruttivo, accade che – chi gli è attorno – mugugni. Ponendosi domande, tipiche di chi è umiliato, ‘come si permette di passarmi avanti, essere più bravo di me, che sono normale?’  Queste sortite, in Italia, sono consuete perché non c’è un’educazione dell’accettazione dell’altro rispettandolo nella condizione fisica e sensoriale. Infatti quando notiamo la presenza di un deficit sul corpo dell’altro, è sempre quest’ultimo che prende il sopravvento sull’intelligenza e il coraggio! Per tanti anni la comunità ha tenuto i soggetti - indicati con termini apparentemente crudeli, ma significativi: i «sordomuti», i «ciechi», gli «storpi», i «deficienti», i «matti» eccetera - nei circhi Barnum, secondo determinati periodi storici, che potevano essere le «scuole  speciali», i «ghetti degli immigrati», i «manicomi» (….).

Noi eviteremo d’essere freaks se riusciremo a divenire protagonisti della nostra cosiddetta disabilità: e non finiremo nel “circo barnumiano”, che  sempre ci sfrutterà, notando in noi solo il difetto, l’anormalità, il fuori norma!. E avviene soprattutto imponendoci regole e standard di normalizzazione  e potenziali capacità del corpo «normale»  - il loro corpo insomma che dovremmo imitare in tutta l’efficienza! - .  Eppure a taluni, il nostro body ferito, può sembrare come mezzo di comunicazione  efficace e apollineo, originale! E poi i normodotati  (o presunti tali)  non dovrebbero sempre attingere allo psittacismo di un’etica, professionale o di  comportamento, che è, appunto, di ripetizione pappagallesca. Dobbiamo apprendere (soprattutto noi sordi!) a comunicare le nostre idee nella lingua che conosciamo meglio:  che sia essa verbale o segnica è indifferente purché si tenga lontano i Burattinai che, spesso, ci impediscono – per  evidenti scopi di lucro o di frettolosa ricerca di  lavoro, mascherato di presunta competenza per il fatto di conoscere quattro segni –  di manifestarci in ciò che effettivamente siamo.

Approdiamo al traguardo di essere persona. I politici, eletti in Parlamento anche  da noi, comprendano soprattutto questo, oppure i segretari di partito iniziano a mettere in Lista più disabili. Noi, sino ad oggi, siamo stati democratici e onesti di tacere, di non chiedere la «quota», come è per il genere femminile, con la speranza che, i candidati normali, fossero in grado di risolvere i nostri problemi.  Se non ascolteranno le istanze dei disabili, inizieremo con la richiesta da subito.

Renato Pigliacampo

Mai piegare la testa per una vita a metà

Luglio 23rd, 2013

 

Non ci rendiamo conto delle difficoltà incontrate da un bambino sordo o ipoacusico nello apprendere la lingua italiana (nel nostro caso) scritta, anche perché gli insegnanti non hanno sperimentato, nel corso dell’età evolutiva, i processi psicocognitivi e psicolinguistici della lingua visuomanuale, senza l’apporto dell’udito che, appunto, è lingua appresa negli scambi duali o di gruppo con i pari e gli adulti. Ecco che i tanti cosiddetti esperti di conoscere il mondo percettivo dei sordi dicono: «E’ sufficiente che il sordo sia inserito nella classe dei coetanei normali (!) perché avvenga lo stimolo della comunicazione in comune

E’ un’affermazione disattenta ai bisogni percettivi del bambino e, nello stesso tempo, è dato l’ostracismo alla possibile polisensorialità diversificata per accedere a una via differente di percezione che non sia quella dozzinale della labiolettura o lo sforzo di ricreare parole udite in modo confuso o spezzoni di frasi.

Se il sordo non ha una buona istruzione e/o capacità dell’utilizzo della lingua scritta del proprio paese, finirà per essere emarginato in un cantuccio della società con danni maggiori della stessa sordità per il fatto che, se il soggetto non comprende il contenuto di quel che legge, alla fine abbindolerà se stesso e chi gli è a fianco, avallando contenuti incomprensibili alla mente.

Il Sac. Luigi Vischi, precettore di Giacomo Carbonieri, psicologo antesignano dei sordi del secolo XVIII, affermò che la Cultura è, per il sordo, il latte della vita. Oggi dubitiamo che, questo metaforico latte, possa essere sorbito dal sordo dalle poppe della comunità del Sapere. Se non imparerà a sfuggire ai tanti Burattinai che albergano nella sua esistenza, confondendolo con un ipotetico «aiuto», raramente dimostrato con titoli professionali e accademici, ricerche e letture di buoni libri; e di solito ci troviamo davanti a gente che recita una commedia incitante sordi e/o udenti tra i quali c’è sempre qualcuno o più di uno addestrato apposta per plaudire il potere, allo scopo che i Burattinai continuino a tirar vantaggio. Bisogna prendere atto di ciò per coinvolgere le Autorità. Se tacciamo getteremo nel letamaio la dignità, rendendo vano lo sforzo di tanti di noi che hanno dedicato la loro giovinezza negli studi accademici e nelle professioni d’alto contenuto sociale e professionale. Se il sordo d’oggi si accontenta di vivere alla giornata, gregario dei prepotenti siano loro udenti o sordi, allora è brutto piegare la testa, e dire a gran voce che è vita a metà!

 

 

LA QUESTIONE DELLA LIS: LINGUA DEI SEGNI ITALIANA

Luglio 15th, 2013

 

 

C’è un gruppo di sordi italiani che auspicano, come è avvenuto in molti paesi dell’EU, che la LIS nominata lingua  dei segni italiana sia riconosciuta per legge dal proprio Governo. Ormai sono decenni che ci si accapiglia, faccio per dire, sulla LIS. Ogni nuova legislatura ‘partorisce’ un quantità di parlamentari – di tutti  i partiti – che propone una legge per il riconoscimento della LIS.

 

Ricordiamo che, nel periodo della  presidenza dell’ENS di Ida Collu, il Senato, nella primavera del 2009, approvò la proponente legge, bocciata poi in seconda lettura dalla VII  Commissione Cultura e Istruzione della Camera dei Deputati, rinviandola a sine die.

 

Eccoci che alcuni deputati della presente legislatura intendono riproporla, dopo le solite  diatribe sui giornali e i massmedia, sulla “marcia” dei sordi partiti da Parigi e giunti a  Milano per attirare l’attenzione della gente!

 

Alcuni cartelli, come  ricorderete, un anno fa erano alzati dai sordi e ipoacusici in un sit-In  a piazza Monte Citorio, a Roma, sui quali scritto LIS SUBITO. Tale presa  di posizione ha  allarmato coloro che la combattono letteralmente, in primis alcune associazioni regionali di famiglie di sordi e/o ipoacusici federate  alla FIADDA. Di solito è il vecchio pregiudizio, non rimosso, di taluni operatori riferendomi ai logopedisti e foniatri, ai docenti dei sordi cosiddetti «oralisti» che,  esporre i sordi alla LIS, si comprometterà lo sviluppo (verbale) del linguaggio. Perciò il pregiudizio iniziato col famoso Congresso  mondiale  del 1880 di Milano, per far prevale l’oralismo, ritorna ancora più prepotente, adducendo qualcuno  dire «vogliono  ributtare i sordi nel medioevo», o «sono fautori delle scuole  speciali» e  così via.

 

Chi pensa così sa d’essere in malafede. Dice questo perché è incapace, per cultura e professionalità didattica, di rispondere alle necessità d’insegnamento specializzato per i sordi e gli ipoacusici.

 

Qualcuno diceva – e  ancora ammette – che dietro la volontà di approvare la LIS c’è un gruppo di lobbisti. Attenzione: qui dobbiamo molto scavare perché si ricollega all’incapacità dello Stato di programmare sui bisogni scolastici dei sordi e degli ipoacusici: e pure sui servizi territoriali perché il D.P.R. del 31 marzo 1979 (cfr G.U. 9.5.1979, n. 125) è stato recepito a metà dalle regioni a cui erano delegati i compiti.

 

E proprio facendosi forte di questa delega non attuata, almeno in parecchie  regioni italiane (ogni regione agisce in modo differente verso i sordi con le proprie leggi regionali): ne sortisce un guazzabuglio inestricabile, in particolare nel rispondere alle necessità di superare le «barriere di comunicazione». Perché c’è gente che interpreta, tale indispensabile necessità dei sordi,  per soddisfare il pro domo mea (!).

 

Non vogliamo generare nuove diatribe. Finirebbero per nuocere i protagonisti e la professionalità di chi ha i titoli.  Queste ipotesi sono state apparenti, sebbene non dette esplicitamente, l’1 luglio 2013 nella sala “Mappamondo” della Camera dei Deputati dove, il citato Gruppo promotore LIS Subito, ha invitato studiosi per dibattere sulla legge pro LIS.  Erano presenti persone qualificatissime, di cui non è necessario indicarne il curriculum. Dico dell’ex-ministro dell’Istruzione, prof. Tullio De Mauro, Virginia Volterra, Maria Cristina Caselli, Ersilia Bosco e il presidente dell’associazione ANIOS degli interpreti in Italia, Cardarelli, Parlamentari e studiosi della LIS sia del settore teorico che  d’insegnamento pratico. La promotrice di LIS Subito, Gulli,  e Radio Kaos ItaLIS, che ha  sostenuto l’incontro, hanno indotto a riflettere sulla tematica perché, in Italia, è  così tanto difficile far approvare una legge sulla LIS.  Nessuno obbliga i genitori, che la rifiutano per i propri figli, ad apprenderla o i propri figli a frequentare i «segnanti».

 

I pregiudizi non devono albergare in una mente tesa a conoscere. Siamo nati avendo una tabula rasa e  perciò chiamati a divenire mente in progress. E  perciò bisogna  ascoltare chi ha studiato la tematica.

 

Ecco parlare di LIS il prof. Tullio De  Mauro, il più importante linguista vivente italiano, adducendo che la LIS ha tutti i requisiti per essere valido mezzo di interrelazione, confermando quanto afferma lo psicolinguista Noam Chomsky, il massimo studioso mondiale d’oggi: «la lingua dei segni ha  tutto ciò che ha la lingua orale, in modo diverso».

 

E’ proprio questa modus percettivo diversificato che affascina la ricerca sia di taluni sordi che udenti.  (cfr Renato Pigliacampo «I neuroni specchio e il protolinguaggio visivo-manuale» in Annuali della Facoltà di Scienze della Formazione, 2, 2006, Università di Macerata, edizione Eum, 2008). La LIS tuttavia va insegnata, ai soggetti udenti in età evolutiva da persone qualificate, con conoscenze universitarie psicologiche, linguistiche, pedagogiche e neurologiche.

 

Un’esperienza d’insegnamento della LIS ad udenti nel territorio di Macerata, proposto da una docente nelle scuole di ogni ordine  e grado, ha permesso di conoscere quanto utile sia la lingua dei segni  per gli scolari o studenti udenti nell’approfondire la conoscenza della «parola» perché permette d’aprire letteralmente una  finestra sulla percezione visuomanuale del codice verbale.

 

In seguito hanno capito, questi scolari e studenti, che si può comunicare  con i sordi, coinvolgendoli in esperienze relazionali  utilizzando il canale visivo-motorio. Tutto ciò, come è facilmente intuibile, la LIS  non va  appresa in modo meccanicistico o nell’azione psittacistica come succede spesso, imitando ciò che  succede  per la lingua verbale. Questo induce  a studiare la psicologia dei processi mentali, la neurologia, i processi empatici, il comportamentismo e, ovviamente, insegnata ai bambini, la  psicologia  dell’età evolutiva.

 

 

 

IL POTERE ASTUTO, LE “SETTE SORELLE” E LE RIFORME MANCATE

Luglio 9th, 2013

Il potere astuto, i protagonisti e l’attesa di cambiamento

Edward Snowden è un tecnico informatico che lavora alla Snowden Security Agency. Egli ha  dimostrato che, milioni di americani, sono controllati dal governo.  E’ UNA  «spia, una «talpa» come si dice in gergo. Tanto  è  vero che il presidente Obama è stato costretto a dichiarare al popolo americano: «Cari cittadini, non  si può avere il 100% di sicurezza e altrettanto di privacy». A parte la Security che va interpretata nel senso che le Autorità, il Potere,  è chiamato a  conoscere in anticipo, spiandoli,  i potenziali nemici dello Stato.

È una premessa necessaria per far riflettere sulle «sette sorelle», delle quali vi dico più avanti.
Qualcuno si chiederà:  e chi sono costoro? Le «sette sorelle»  erano chiamate proprio così. Ciascuna di esse svolgeva una  funzione nella specificità degli interventi  sui propri soci disabili. Erano associazioni  di categoria  forti, determinate.  Tanto è vero che, pur essendo “associazioni”, giuridicamente  erano  “enti parastatali”.  Di fatto ogni categoria ha i propri riferimenti politici.  E  sino alla riforma col D.P.R. 31 marzo 1979, e successivi interventi, ciascuna delle Sette Sorelle rispondeva allo Stato, ossia al Governo pro tempore.  Era “ente parastatale”, con i propri bilanci preventivi, consuntivi  e i revisori dei conti eccetera.
Generazioni di Disabili,  a  seconda  della  tipologia dell’handicap, hanno sperimentato l’assistenza  e  il conformismo di una delle sette sorelle.  Col DPR del 31 marzo 1979, lo Stato ha trasferito il personale e gli interventi specifici alle Regioni. Qualche dirigente lungimirante, presente ovviamente al vertice degli  indicati enti parastatali, intuì  che  - le Regioni (o alcune di esse) – non avrebbero mai fornito i servizi specializzati ai  propri ‘assistiti’.  E allora, con abilità, si sono lasciate “residui di assistenza”, non tanto economica, ma  specifica  per la  persona. Il personale qualificato,  preparato e professionale dell’ente storico  che taluni politici  avevano considerato  «enti inutili»  da sopprimere (sic),  ormai  era stato trasferito  agli  enti locali o alle regioni. E allora  che fare  se non che assumere  nuovo  personale  più o meno qualificato , spesso senza titoli professionali ?
I compiti  (da svolgere) erano evidenti nei nuovi Statuti che, le  Sette Sorelle, si erano date. C’era sempre un quid (un qualcosa) che lo Stato era incapace di gestire nelle proprie strutture.  Per esempio nell’associazione dei sordi più importante, l’ENS , rimaneva il compito di intervento a favore  dei sordi, ossia per il servizio di interpretariato e la formazione  degli operatori per tali servizi e parecchio ancora: interventi in ambito scolastico, parascolastico e del tempo libero.
I vecchi, si fa per dire, dipendenti  delle associazioni-parastatali venivano, con appositi Decreti, trasferiti alle Regioni e agli EE.LL. e utilizzati secondo le loro qualifiche  di provenienza e i titoli professionali. Molti  di loro si trovarono a svolgere attività differente della precedente,  per il fatto che, prima, si rivolgevano ad una utenza sorda, ora il servizio   era per tutti i cittadini. E i servizi per la popolazione sorda?  Le Regioni iniziarono a  legiferare  secondo le pressioni e le clientele locali. Le leggi regionali non erano né sono omogenee. Ciò che  hanno i sordi (nel nostro caso) della  regione X non l’hanno quelli  della  regione Y. Ci sono regioni che hanno creato i “servizi” ad hoc, altre li hanno  delegati direttamente all’ente  di categoria, altre si sono affidate a cooperative più o meno discutibili. In questa realtà diversa e parecchio confusa a livello di risorse da utilizzare  (fornite dalle regioni, talvolta dai grandi comuni nel territorio), ma  anche e soprattutto dalle province, sono sorti diversi  problemi, mentre i “vecchi dipendenti” di ciascuna delle sette Sorelle, passati alle dipendenze regionali o comunali , andavano in quiescenza.  E in ogni dove la formazione non veniva rinnovata e, se avveniva, era  compiuta celermente, con scarsa qualità  e  attenzione del possesso di titoli.
Le Sette Sorelle hanno ritenuto opportuno riunirsi  allora nella  F.a.n.d. (Federazione  delle   associazioni nazionali dei disabili) per gestire meglio – e  premere sul Governo – le esigenze  specifiche di ciascuna categoria rappresentata.
Lo  Statuto di ciascuna delle Sette Sorelle è approvato dai delegati inviati al Congresso dalle rispettive sezioni, vale  a dire salvaguardando i “residui dei servizi”  datisi  nei propri Statuti che né Regione né Enti Locali sono in grado assolvere. E ad ogni Congresso i delegati sostenevano alcuni punti (espressi negli articoli dello Statuto) di ciascuna categoria per avere quei servizi  che  lo Stato non sa assolvere nelle proprie  strutture, in cambio di  contributi, un tot annuale che, il ministero di vigilanza,  elargisce all’associazione:  un tirare a campare, un vivere per sbarcare il lunario (…).
È opportuno, a mio parere, che sia completata la Riforma considerando la  specificità dei servizi con disposizione precise di interventi che, il governo, dovrebbe stabilire attraverso un D.P.R. , in cui sia disposto  che, la formazione, per tali utenti specifici,  sia delegata  ad apposite  Scuole  di Formazione  indicando discipline  e programmi appropriati. Qualcuno ha pensato all’istituzione, in tutti i comuni con più di 5mila abitanti, di “assistenti sociali specializzati”  in seno ai servizi sociali. La formazione specifica dei servizi per i protagonisti fa sì che, iscriversi o no, alla “categoria” non sarà più considerata come   costruzione per avere un appoggio, più o meno utile, degli esponenti – più o meno capaci – lì  disponibili per i soci. Sarà una scelta dettata dall’unione di esperienze e di fini per un comune obiettivo, cestinando astute persone che, da quando è mondo, spesso convivono con i disabili per abbreviare la carriera, per non sottoporsi a giudizio con  altri concorrenti.

 

 
Fand

D.P.R. 31 marzo 1979

Sesso terapia

Giugno 13th, 2013

sesso terapia

Si intende dare l’opportunità ai disabili di esercitare i normali impulsi sessuali. Recentemente, inizio del 2013, Max Ulivieri, web designer con disabilità, ha aperto una raccolta di adesioni che, in tre mesi, ha raggiunto oltre  5.000 firme. La figura dell’assistente sessuali è già presente in Svizzera, Danimarca, Germania, Olanda e Svezia. In Olanda il servizio sessuale, come  giustamente potrebbe  essere  chiamato, è a carico del servizio sanitario. E’ bene chiarire che la «Sex therapist» non ha nulla  a che vedere con la prostituzione. L’assistente sessuale a persone con disabilità è praticata da volontari che hanno svolto appositi corsi in ambito medico, psicologico, etico e sessuologico. Uomini e donne che si dedicano a questa azione terapeutica verso gli altri ed hanno grande sensibilità e valore alla sessualità come risorsa di apertura sociale verso persone che, per un motivo o l’altro, non possono avere  opportunità di esprimere le proprie pulsioni sessuali. Le persone che accedono al s.t. considerano il proprio corpo non solo dolore, nascondimento di un deficit, sofferenza, disagio, ma  anche possibilità di accedere  a gioia  e piacere

Valutazione del 28 maggio 2013

Maggio 29th, 2013

Sezione  INFANZIA

C.L. Matricola 57 277        SUFFICIENTE

D.S.D,  Matricola   56 751     DISCRETO

M.L. Matricola 57 393  SUFFICIENTE

S.S.  Matricola   58 296   BUONO

S.C. Matricola 56 186  OTTIMO

S.E. Matricola  57 36   SUFFICIENTE

Sezione PRIMARIA

B.S. Matricola  58 376   Discreto

B. E. Matricola 52 291   Buono

C.A. Matricola   44 400   Discreto

C.E. Matricola 48 058   Buono

De F.V.  Matricola 47 802   Buono

De  G. E. Matricola  62 169    Buono

De  G. M.F. Matricola  62 177  Buono

F. E.  Matricola   56 722   Discreto

M. L. Matricola 57 393   Sufficiente

F. P. Matricola  52 527 Discreto

I.G. Matricola 58 167  Discreto

L.C. Matricola  52 732 Discreto

M.A. Matricola 48 067 Discreto

R. M. Matricola 44 074  Buono

R.S. Matricola  58 917   Discreto

S.E. Matricola 57 366 Sufficiente

S. S. Matricola 58 320   Buono

V. I. Matricola  60 173  Buono

Terzo Flash

Maggio 27th, 2013

In una recente ricerca (cfr Il Sole 24 ore del 26 maggio 2013) è stato verificato quanto le donne sono discriminate nel mondo del lavoro e della ricerca scientifica. E’ riportata una Tabella titolata “Il Gap di genere è un seme da estirpare” specificando che: il 10% delle donne non raggiunge il vertice delle Università italiane, cioè divenire Rettore; il 34% è la percentuale di donne ricercatrici calcolata sulla popolazione che fa ricerca; il 17% la percentuale di donne nel board di enti e istituzioni. Il 36% è la media europea!; il 3 posto il numero di donne che siedono nel board, mentre l’Italia è al terzultimo posto in Europa. La donna quindi non è stata valorizzata in questi ultimi 20 anni che ha governato dia il centrosinistra sia il centrodestra, molti anni di più. Qual è il motivo? L’annullamento della donna nel processo decisionale e occupazionale dipende dalla supponenza dell’uomo e dal pregiudizio.

Se la donna è così tanto discriminata nell’occupazione e nella professione pensiamo quanto più lo sia la donna disabile? E lo stesso i disabili dell’udito e della parola di genere maschile! Il sordo è escluso di prendere in mano le sue capacità professionali e culturali. Il Dr Daniele Regolo di Civitanova Marche ha ideato un sito (v. www.jobdisabili.it) che favorisce le Aziende e/o i quanti altri vogliono, privati e no, di “scegliersi” il Disabile che più ritiene all’altezza di rispondere ai propri bisogni occupazionali: con la gratificazione del dipendente e dell’occupato!

Non basta possedere un titolo di studio. Forse ieri era sufficiente, poi entrare in… scena la legge dell’occupazione obbligatoria, la famoso «382/68» e, i sordi occupati, dopo un primo difficile avvio, se la cavavano bene, ripetendo, spesso, dall’assunzione al momento della pensione, lo stesso lavoro (qualifica). Oggi le cose sono molto mutate. Ci vuole ideazione, ci vogliono programmi da elaborare e proporre: e di fatto c’è bisogno di cultura professionale, di collaborare con altri.  Molte tipologie occupazionali possono essere benissimo idonee per i sordi o (almeno) portate avanti da loro per i simili. Dico dell’attività d’insegnamento nella scuola d’infanzia, primaria e per la scuola secondaria di primo e secondo grado. Ciò tuttavia impone, giustamente, il conseguimento della laurea. Quanti sono i sordi laureati in Italia? e la tipologia di laurea? E, una volta laureati, che lavoro svolgono? Noi sappiamo chi dovrebbe svolgere questa ricerca o rimboccarsi le maniche per «fare occupazione» per i sordi e gli ipoacusici. Ci sono professionisti (pochi ma ci sono!) sordi seri degni di gareggiare con i colleghi normo-udenti della stessa professione ma parecchi di loro sono delusi e si allontanano dalla loro primigenia associazione, nella quale sono stati, possiamo dire, allevati.  Sinceramente ci affidiamo a  www.jobdisabili.it  del Dr Daniele Regolo!

Il Welfare in agonia (Secondo Flash)

Maggio 23rd, 2013

Lo Stato italiano vuole risparmiare denaro e lo fa con i «tagli» alle spese. In ogni regione si spende e spande, come si usa dire.  L’ENS per effetto del D.P.R. 31 marzo 1979 ha trasferito i compiti, che una volta gestiva come “ente parastato”, alle regioni e agli EE.LL.  E’ noto a tanti che, le Regioni, ha gestito malissimo i servizi pro-sordi. Non vi è stata una linea omogenea per tanti motivi perché, i politici di maggioranza dell’Ente Regione, hanno seguito una via di interessi di partito. Così in molti Regioni è prevalso il «contributo regionale» a favore degli Enti con personalità giuridica di diritto privato. Una forma di obolo legalizzato. Qualche altra Regione ha tentato di creare servizi propri a favore dei sordi (interpretariato in LIS, di labiolettura ecc.) ma mai è avvenuto un progetto programmatico perché, per predisporlo, ci vuole una buona base culturale. La proposta sarebbe dovuta venire dagli stessi protagonisti ma, per un motivo e l’altro, l’impegno è venuto meno. E’ stupefacente, ma è così: l’Ens è simile ai Paesi europei. Se l’Europa non prevale ancora una lingua e un Progetto di bene comune, così nell’ENS: tante regioni hanno leggi differenti e confuse che non conducono al benessere dei sordi e degli ipoacusici. Il Ministero che dovrebbe vigilare sull’ENS non lo fa o, se lo fa, avviene molto male. Col DPR 31 marzo 1979 i dipendenti dell’ENS (anche quelli delle sue scuole, gli insegnanti) vennero trasferiti alle Regioni e poi, le stesse regioni, li hanno smistati presso gli Enti Locali (Provincia, Comuni ecc.). Chi ha vissuto direttamente il fatto sa bene che, in seguito, la formazione di docente e di operatore è scomparsa. Il reclutamento di taluni dipendenti non è più avvenuto per selezione e titoli professionali. E’ prevalsa una politica, in parecchie  Regioni, di vigilanza dei sordi. Chi li vigilava? E per chi? E’ molto lungo spiegarlo. Lo faremo nei nostri Flash. Chi ha fretta di conoscere rimando al bel libro di Massimo Fioranelli, Il decimo cerchio. Appunti per una storia della disabilità, Editori Laterza, Roma-Bari 2011.

I Diritti acquisiti possono essere cancellati nel tempo SE non dimostriamo di prendere noi in mano la situazione. Parecchi tuttavia non gradiscono che, i sordi, diventino protagonisti di se stessi. Certo, c’è chi grida che ciò non è vero, invece è vero! Perché nessun raggruppamento, nessuna associazione può fare a meno dei propri esponenti di punta, anche antipatici e odiosi.  Chi li respinge? Chi li condanna? Sordi che blaterano ma non sanno farsi valere a sufficienza nella comunità. Loro ascoltano gente dappoco: gente sconfitta nella comunità di maggioranza udente. Allora il problema è grave perché, se niuno desta, finiremo sotto tutela, come prima della Legge Rocco. Che fare? Se il Governo Letta ha istituito il Ministero dell’Integrazione affidato alla ministro Cecile Kyenge, proposta che condividiamo, è oppurtuno mettere ordine sulle problematiche della Disabilità. Prima di altri, pur rispettandoli, dobbiamo essere noi ad integrarci nell’Italia.

MAI PIEGARE LA TESTA PER UNA VITA A META’

Maggio 20th, 2013