Intellettuali e interessi
Marzo 22nd, 2007Avete notato il numero degli intellettuali in Parlamento? E’ così esiguo che non c’è il numero legale per poter creare una cooperativa culturale (sic!). Mi assicurerete che ce ne sono abbastanza di deputati e senatori che scrivono libri di sociopolitica, o romanzi, e parecchi giornalisti… Vero. Ma non mi riferivo a costoro, intendevo l’Intellettuale con la I maiuscola, il pensatore politico-filosofo. Come Croce. Come Gentile. Penso, per l’oggi, a Giovanni Sartori, ad Umberto Eco, …. Ma gli intellettuali organici non hanno buona fortuna nei partiti. Bertinotti ha preferito portarsi in parlamento Luxuria e Casarini, piuttosto che un Asor Rosa o altri intellettuali di sinistra. Di Pietro, nella circoscrizione campana, ha inserito in lista De Gregorio; forse costretto a considerarlo per le promesse di voti, portati poi pro domo sua! Appena eletto ha iniziato a sfasciare l’Italia dei Valori. “Intellettuale” anche lui, dato che fa anche l’editore! … Nella politica italiana non si contrappongono più ideologie e valori, ma esclusivamente interessi. E nella lotta per la cupidigia di abbrancare “interessi”, l’altro non è più un concorrente, ma un avversario da battere ad ogni costo, un nemico insomma. Come si può eliminare il tornaconto politico? Bisognerebbe abolire l’indennità di carica. Elargire solo lo stipendio o la pensione che si percepiva prima di accedere in Parlamento. Poi si forniscano i servizi e i rimborsi delle spese sostenute per il mandato elettivo. Pensate sia l’ingenuità di uno che non conosce la macchina mangiasoldi dei partiti? La conosco. Ma dico che è immorale stipendiare chi non produce niente, per esempio i cosiddetti “pianisti”. Abolita la lucrosa indennità di carica, si candideranno al Parlamento solo coloro che hanno vera passione politica, e chi si adopera per la comunità. Forse si danno prebende a chi accompagna malati a Lourdes? o ai tantissimi che s’impegnano nelle migliaia e miglia di associazioni di solidarietà? Quarant’anni fa, Giuseppe Maranini, tra i primi a criticare i partiti, scriveva: “Una democrazia non è tale se non offre agli elettori strumenti validi e intelligibili per scegliere il gruppo dei governanti“. I partiti che ora sono in Parlamento hanno scelto i propri uomini, yesmen e “necessari,” per collegarli nelle commissioni. L’elettore italiano è stufo di quest’andazzo. La perfidia della legge elettorale del passato governo si protende minacciosa sulla stabilità dell’attuale. La sconfitta del capo di governo precedente è sempre astiosa e vendicativa: e quella di Berlusconi si allunga sull’Italia perché, per lui, “fare politica” vuol dire “essere Potere”, anche con la P maiuscola, sceneggiando posture alla Napoleone. Non è un modello: è il totalitarismo più pericoloso, camuffato nel sorriso-esca pro-ingenui.