Le madri dei piccoli sordi

Luglio 29th, 2009

Mi rendo conto che parlare alle madri dei piccoli sordi è diventato “impossibile”. Perché molte di loro non vogliono che il figlio sia indicato col termine «sordo». Celano la disabilità sensoriale con «audioleso», talvolta con la parola tipica del linguaggio ippocratico, «ipoacusico» che, da qualche anno a qua, ho soprattutto diffuso io nelle pubblicazioni scientifiche o nei convegni: e confesso che inizio a pentirmene. Decenni fa era tutto più facile parlare di sordità e di sordo. La condizione sociopedagogica e linguistica erano scontate. Veniva letteralmente spedito nelle cosiddette “scuole speciai”. Quasi tutte le regioni italiane ne avevano una nel capoluogo regionale. La retta era sostenuta dall’amministrazione provinciale di provenienza del sordo(muto). Le mamme vedevano il figlio durante le vacanze natalizie, pasquali o durante i mesi estivi, ma non sempre per coloro che, dal Meridione o dalle isole, andavano a frequentare gli istituti delle città del nord. Per molte di loro era (anche) sollievo. Non avendoli a fianco, scaricavano la responsabilità dell’istruzione e della riabilitazione alla parola verbale alle istituzioni speciali,    rinviando sine die i bisogni di comunicazione. La conoscenza del figlio avveniva tardi, di solito nell’adolescenza, con le conseguenze psicologiche e linguistiche inimmaginabili.

Oggi ogni madre di bambino con problemi d’udito è chiamata a svolgere la funzione di educatrice. Se tutte le mamme sono le prime ad esercitare la funzione d’aprire la strada al mondo dei figli, poi avvicinandoli via via nelle interrelazioni sociali, la madre del piccolo sordo è - deve essere - una mamma superiore per svolgere il compito di un’educazione che non ha comparazione per difficoltà e perciò deve molto amare il suo piccolo. L’educazione, come scriveva San Filippo Smaldone, fondatore delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori,  specializzate educatrici della  popolazione sorda, implica molto amore. Chi non sa amare i bambini o la giovetù non può insegnare, soprattutto ai sordi o ipoacusici. Dunque è inutile il tentivo di nascondere il deficit d’udito compiendo la chirurgia estetica sulla parola che lo indichi! Bisogna affrontare la realtà per mezzo di un’educazione specializzata, là dove  “il disabile” e il suo insegnante sono indotti a compiere insieme un percorso di didattica specializzata, in cui i contenuti del verbum sono sviluppati in concetti d’immagine. So che è stressante. Gli insegnati cosiddetti polivalenti di oggi, come sono preparati nei corsi di formazione per tutte le tipicità della disabilità fisica, sensoriale e psichica, non possono essere considerati specializzati, semplicemente - senza che si offendano - sono semplici samaritani, portatori di una croce che nessuno riconosce, anzi ricevono dileggio. Non si può afffrontare l’istruzione né l’educazione dei sordi o degli ipoacusici, chiamateli come preferite (insomma alunni e studenti di scuola secondaria di 1° e 2° con problemi di udito), senza studi approfonditi di Vygotskij, di Piaget, di Furth, della Montessori, dei classici di pedagogia e psicologia. Poi è bene ammettere le carenze di chi pensi che “insegnare a parlare”, ovviamente la lingua verbale, sia l’obiettivo principale del recupero del sordo alla società di maggioranza. L’esperienza con i sordi mi dice che la maggior parte di loro, cresciuta nella vocalità,  sospinta a comunicare con la sola lingua verbale, non conosciuta nella doviziosità che caratterizza l’ascolto in quella lingua nel luogo in cui il soggetto interrelaziona col coetaneo udente, finisce primariamente nell’esclusione dal contesto della comunità, divenendo presenza passiva. Vygotskij scrive: «L’unità del linguaggio è un’unità complessa, non una unità omogenea e indifferenziata» (cfr Pensiero e linguaggio, Giunti, Firenze 1984, ristampa). Non si pensa abbastanza che noi sordi siamo speciali: troppe mamme non compiono il necessario sforzo di comprendere che «Il rappporto tra la parola e il pensiero e la formazione di nuovi concetti sono complessi, misteriosi e delicati processi spirituali». Così afferma Leone Tolstoj. Una mamma senza una minima conoscenza dei processi di apprendimento del suo bambino e dei sordi adulti istruiti bene, rimarrà nel cerchio del “pressappoco”, nell’ignoranza di base con cui  vestiamo spesso le parole scientifiche, delle quali spesso non sappiamo nemmeno gli autori; tutti bravi a parlare, a imitare a voce, difficile a studiare. Insegnare bene ai sordi significa dover studiare moltissimo. L’incapacità del Ministero nell’istruzione o nel preparare i docenti per la formazione specifica - soprattutto per i sordi e i ciechi - mette a nudo una Scuola obsoleta, un corpo docente non rinnovato secondo il mutamento sociologico e tecnologico del nostro tempo. Quando il Ministero dice no alla spcificità dell’istruzione delle menti intatte dei sordi e dei ciechi, che attendono d’essere stimolate da una didattica appropriata, confessa la stessa crudeltà della Professoressa che, dai palazzi aristocratici di Firenze, scendeva nelle colline di Barbiana del Mugello per istruire i contadinelli, umiliandoli nella loro carenza di lingua italiana con votazioni di quattro in profitto. Don Milani lo aveva capito benissimo. Per questo sollecitava i piccoli a comprendere che era la lingua a fare forte il “padrone”: e che sarebbero stati loro stessi padroni quando gliela avessero sottratta. Noi sordi ci siamo accorti che è più l’impossibilità di manifestare il nostro sapere iconico, la nostra lingua visuomanuale al Ministero dell’Istruzioe (alla ministro Gelmini in primis)  piuttosto che la sordità a condannarci.

Emozione e significato

Luglio 26th, 2009

Mi spoglio di parole
articolandone una ad una, stasera.
Le ho poi vestite d’emozione
perché comunicassero Silenzio.
Mi rivolgo a voi, fratelli afasici,
che inseguite invisibili forme nello spazio
che i ciechi non possono vedere.
Eppur indotti a inimitabili lessemi
scordando di dirvi che le mani
alzano preghiere al cospetto di Dio.
Ma la storia è uguale da secoli:
emargina ed esclude chi non parla.
Sono vincenti, con la scranna certa, senatori
e la gente che, da mattina a sera,
imbavaglia lo scemo teleutente.
Cércati un libro, guarda le tue mani
che portano messaggi
accendenti emozione e significato.

Bouvet e i bambini sordi

Luglio 14th, 2009

La psicologa francese Danielle Bouvet (cfr La parola del bambino sordo, Masson, Milano) ha studiato il comportamento interrelazionale dei genitori sordi segnanti col figlio sordo predisposto alla lingua dei segni come prima lingua naturale e quello dei genitori udenti non segnanti col figlio sordo. Ha messo in evidenza che i primi si trovano al loro agio col figlio perché non incontrano barriere di comunicazione, ma soprattutto perché, in particolare la madre nel primo periodo di sviluppo, conosce bene - avendoli lei stessa sperimentati - i processi percettivi visivi e cinestetici. L’esperienza percettiva dei genitori è fondamentale per favorire nei primi anni di vita il processo di apprendimento fondato sul canale  visivo; al contrario i genitoi udenti, con nulla o limitata conoscenza della lingua dei segni incontrano barriere di comunicaione talvolta insuperabili, conducendoli alla depressione o ad un pericoloso stress. Ho consigliato più volte, nella mia attività di consulente  e/o di docente, di formare i genitori nel loro compito di educatori specializzati. Purtroppo i genitori udenti si lasciano condizionare dai ’suggerimenti’ degli operatori sociosanitari (v. logopedista, protesista, otoiatra, audiologo, ecc.). Così  agendo dimostrano di non voler accettare il figlio con la disabilità sensoriale, che li induce a percorrere una via inconsueta. Accettare la sordità implica trovare una modalità differente per stimolare i processi cognitivi. C’è, invece, un gruppo di ‘ignoranti’ che affermano che, se i genitori accolgano proposte secondo i bisogni percettivi fondati sulla visività, significa abbandonare il figlio ai “gesti dei sordomuti”, alla anormalità, al destino dell’esclusione. Non hanno minima idea che se il figlio è stimolato visivamente, secondo una didattica appropriata, egli svilupperà una cultura validissima. Occorre (cfr R. Pigliacampo, Parole in movimento. Psicolinguistica del sordo, Armando, Roma 2007) predisporre corsi di formazione per genitori di sordi fondati sull’accoglienza positiva della menomazione sensoriale e sullo studio di programmi culturali efficaci.

Il consenso politico ai disabili

Giugno 12th, 2009

Mi sono chiesto nel leggere i risultati delle elezioni amministrative ed europee, se è vantaggiosa o meno – se esistente – la disabilità del candidato.  La domanda mi è sorta quando un mio amico collega non-vedente (una volta si diceva  cieco) è stato da me stimolato a candidarsi per l’Idv, qualche mese prima delle elezioni  provinciali, in una cittadina media, dove sì ci si conosce, ma non abbastanza  e vince l’etichetta che ti appioppa chi non pensa abbastanza “Si candida un cieco, quello non ruberà” e altre baggianate (…). Il mio amico cieco si è fatto conoscere attraverso la rapida comunicazione verbale. Il telefono è stato il suo mezzo vincente. Il contatto diretto ha sospinto quasi il 10% dei votanti a sceglierlo. Nel collegio l’Idv non aveva radici. L’esito dell’elezione, primo consigliere della mia provincia, mi ha indotto alla riflessione su ciò che scriveva la sordo-cieca Helen Keller: «La sordità isola dalle persone, la cecità dalle cose.» Alla domanda se le fosse stato possibile scegliere un senso, rispose: «Vorrei ascoltare la voce di un bambino.»  In politica il cieco ha il diretto contatto con l’elettore. Costui gli parla, supera il primo disagio, se ne convince delle capacità e possibilità di fare politica attiva: e lo vota. Il candidato sordo è solo. Se il partito non gli fornisce una persona esperta per la comunicazione in lingua dei segni, o per un’idonea labiolettura, o non dispone di strumentazioni mediali,  l’elettore finirà per dire «Sei bravo, sei coraggioso….», ma voterà un altro. Perché la sordità impegna la conoscenza culturale e di comunicazione del sordo che, oggi, il 99% degli elettori udenti non ha. Quando si parla di democrazia partecipativa alla politica si deve allargare il discorso programmatico per tutti  gli elettori e non solo per l’elettore normodotato. Costui si affaccia alla politica per un interesse economico, di carriera e così via. Noi sordi lo facciamo per vera passione, per migliorare la nostra gente simile, o per i disabili in generale.  Questo potrà capirlo ADP, ma non ha tempo per farsene un problema né di sensibilizzare i suoi capetti territoriali, o i parlamentari. Il mio amico cieco ha superato le “barriere” e per farlo è bastato chiamare una persona sensibile e dirle “Mi accompagni?”. Per il sordo no perché implicava il partito a modificare le strutture, a spogliare i candidati nella psicologia, un rapido esame sulla realtà della società. Per questo ho gioito che Mirco abbia battuto i furbastri e gli ultimi opportunisti del partito saliti sul carro, quelli del bla-bla. Mentre lo pensavo mi sono chiesto: “Sei stato campione, un coraggio noto solo a tuo figlio Marco e alle persone che, con te, hanno lottato all’inizio.”  A testa alta mi sono allontanato dal gruppo festeggiante, sentendomi un signore.

La scelta di fare

Giugno 2nd, 2009

Non c’è possibilità di opporsi alla potenza economica del premier. Il denaro, in un Paese senza educazione ai valori democratici, che non rispetta le regole perché la legge  è estromessa, è destinato all’implosione, al caos. Il Pd non ha dirigenti credibili. L’unione tra Pd e Margherita ha prodotto presuntuosi che, in guerra fra di loro, ha messo ko Veltroni, il primo ad essere sacrificato in questo valzer di ricerca del Messia da opporre a Berlusconi! Occorre un bagno d’umiltà fra i dirigenti di entrambi i partiti fusi  (ma integrati?!). Abbiamo argomenti di dibattito, ma leaders incapaci, scarsamente preparati ed efficaci per sostenere i contributi e le linee programmatiche della nuova società emergente, dei giovani innanzituto! Eccoci pettegolare - come le comari di rione - sulle “veline”, su Letizia Noemi, sulla Santachè puntellante Berlusconi: pettegolìo di potenzialità mentali deboli: e i media del Padrone dell’Italia, Berlusconi, ci va a nozze! Luigi Einaudi scrive: «La maggior parte delle parole adoperate dagli uomini politici sono evidenti per la mancanza di contenuto. Che è probabilmente la ragione del loro sccesso: vengono scelte perché adattabil a qualsiasi aione il politico possa intreprendere.» Oggigiorno con i massmediologhi al servizio del premier non c’è scampo: egli ha sempre ragione perché parla ai cittadini da padrone-proprietario dell’Italia. Il conflitto d’interessi? Qualcuno se ne ricorda? Io, piccolo ‘ribelle’ di provincia, mi sono candidato indipendente nel PDCI nelle elezioni provinciali, e nel mio “santino” ho fatto stampare dei vv. che riporto. 

La scelta di fare

I candidati tutti uguali nel bla-bla.

Emergono nelle promesse, parole.

Sono capaci di istigare

che gli altri sono peggiori.

Io non parlo. Sto qui a osservare.

Coi fati ho mostrato che esisto.

Per questo ti invito, elettore

nella scelta dell’uomo:

con lui aprirsi nel fare.

La forza del pensiero, dei sordi

Maggio 20th, 2009

Ci sono, in giro,  troppe chiacchiere che prendono il sopravvento senza  che, spesso, la persona se ne avveda. Predomina l’informazione perché la società moderna la ha elevata a merce. Travaglio vale tot; Rino Rossi vale molto  meno. Un certo Silvio Berlusconi, propritario di televisioni e  di una meriade di rotocalchi e giornali, fa sì che tutto ‘giri’ sull’informazione e sul… gratta e vinci (sic). La notizia è merce. Ma Marx non aveva pensato all’assuefazione della merce notizia; e la saturazione della ripetitività dell’annuncio, iniziata in Italia con le radio libere e le televisioni, non ha dato inizio alla creatività o all’ideazione di produrre informazione in modo differente e nuovo. Perché, se fate attenzione, vi accogerete che tutti i telegionali si somigliano: la regina che predomina è la parola verbale. Chi la utilizza sa usare solo quel mezzo. Il bombardamento di informazione parlata è sempre evidente. C’è il rifiuto o l’aspettativa dell’ascoltatore. Nessuno oggi è capace di resistere più di dieci minuti nel seguire un programma d’apprendimento, o che impegni un processo mentale. L’informazione, a bizzefe, ha  generato la svalutazione del contenuto e l’incapacità di analizzare il focus della notizia. Il capo del governo lo sa bene: e ci sguazza, sapendolo spara ancora più bla-bla, vale a dire “merce verbale”, portando all’apice la confusione dell’ascoltatore sulla reale verità, “merce reale” prodotta dalle funzioni cerebrali che sollevano critica e dissenso. Non è un caso che, Berlusconi, metta tutto in dubbio quando una persona, che ricopre un ruolo istituzionale lo “giudica”. Per lui esiste solo la “sua informazione”, esclusiva e personale, la sua legge. Il resto è falso, è invenzione dei giornalisti, interpretazione delle leggi di giudici che lo “invidiano” o gli vogliono male!. Quest’uomo, che è a capo del governo italiano, si permette di  fare teatro negli incontri ufficiali con i leaders di altri Paesi. Finisce sempre per fare spettacolo, televisione, accostarsi alla realtà manipolata dallo strumento mediatico e conoscendone l’opinabilità, sa che non potrà originare una critica diretta e seria. Questo per Berlusconi è tanto più supportato dalla capacità di manipolare il consenso degli elettori, che sbandiera con i sondaggi a portata di mano. Ma il continuo ricorso al consenso, di cui si vanta spesso e con cui continua a soggiogare la gente, è il solito vizio dei dittatori, ma - nell’era moderna - è manipolazione della mente, indurre al sonno le potenzialità mentali. Solo i sordi si salvano dalla manipolazione delle coscienze, di questa falsa democrazia. Tuttavia può esserci una consolazione amara per chi l’ha capito: la sconfitta sarà tardiva, ma certa. Solo allora inizierà il nuovo ciclo, che sarà possibile chiamare “terza repubblica”, perché la seconda non è mai apparsa, nonostante le inchieste condotte da Di Pietro negli anni Novanta!

… Le solite bugie evolutesi in menzogne

Maggio 7th, 2009

La privacy sulla tua donna deve restare tua. Tu sai di lei e lei di te. C’è tuttavia da compiere una riflessione sulla vicenda Berlusconi-Lario. B. è capo del governo e, come tale, rappresenta l’Italia nella molteplicità di categorie o “scelte” di ciascuno di noi, che possono essere dai gay agli architetti, agli agricoltori, agli ambulanti eccetera Ogni azione del signor B. rispecchia ciò che egli è o rappresenta in quel momento per chi lo segue. B. raccomanda “veline” alle proprie televisioni o alle strutture della RAI? Bene, ma di fatto dovrebbe agire predisponendo una graduatoria se è più confacente, a livello di sondaggio politico o di interesse sociale, raccomandare una velina o i figli capaci di un disoccupato in una fabbrica privata o in struttura parastatale. Il signor B., da quando è in politica, ha trasformato l’Italia in un palcoscenico. Chiama a recitare personaggi più o meno discutibili. ma egli, il signr B, se la cava sempre nel “ciarpame” che origina. Quando è  stretto all’angolo la colpa è sempre dei Comuisti, o di una “certa sinistra” che gli vuole male. La questione privata dei rapporti con la moglie sono stati trasformati in un pettegolezzo pubblico,  non voluto dalla consorte, ma dallo stesso signor B. perché sa bene come ci si muove sul teatro mediatico che egli stesso ha creato e proposto alla società. Gli interessa i sondaggi, non  il brutto esempio  che mostra alla comunità. Distrugge i “valori”,  il rispetto e la dignità di ciascuno di noi. Se i sondaggi mostrano che non lo guastano egli è contento come i bambini. Ebbene il birichino  è stato assolto. Il gradimento nasce dai sondaggi, che scaturiscono da tantissime motivazioni, dalla fisicità della persona stessa, dall’empatia e tutto quanto collegato alla psiche e alla cognitività dell’utente, cioè a chi è chiamato ad esprimersi. Poi il signor B. ’salta’ sul palco delle proprie televisioni e di quelle dello Stato per traboccarci addosso, senza contraddittorio, la sua verità. Gli ingenui la bevono ancora una volta, i meno ad abboccare alla fine lo giustificano. Oggi il signor B. si aggrappa alla Chiesa, sperando di “non perderne la fiducia”. Immenso attore della cosa pubblica! Tutti noi, sudditi italiani, finiamo disorientati. Brava Veronica. Hai  denudato il re, indipendentemente che vada o meno “con le minorenni”. Ciò che resta sconcertante è come queso signor B. trovi credito ancora una volta tra gli italiani. La risposta la abbiamo: i conflitti di interessi irrisolti ha rimbecillito la maggior parte dei notri connazionali. Fermiamoci qui. Chi  conserva ancora un po’ di cervello troverà  da sé la risposta.

Plauso a chi non ci ha preso in giro

Aprile 29th, 2009

Quando si avvicinano le elezioni, di ogni tipo, molti candidati entrano in ansia. Una volta  accadeva anche a me. E più la fatidica data si avvicinava tanto più mi impegnavo, frenetico, con la mente in special modo, allenata alla percezione visiva, proiettata sulla scheda: e se ero candidato sognavo, di notte, voti voti voti che mi franavano addosso, mi soffocavano. Poi veniva il giorno della realtà, il giorno atteso, e mi avvedevo delle illusioni, delle prese in giro del “mio” partito. La verità è che, in Italia, i candidati con problemi di disabilità sensoriale o fisica sono raramente ‘aiutati’ dai propri partiti.  La politica, in Italia, è maschilista. Il rispetto della donna non c’è, tanto meno ci si schiera per lui, il mio amico disabile che ho scolpito nella epigrafe della prima edizione del mio Dizionario della disabilità, dell’handicap e della riabilitazione, Armando editore,  Roma, attualmente si sta  stampando la seconda edizione, con le parole di Bertrand Russell che predede la prefazione: «Tre  passioni, elementari e onnipotenti, hanno segnato la mia vita: lo struggente desiderio d’amore, la ricerca della verità e una compassione lacerante per le sofferenze del genere umano.» Adesso capisco perché mi buttavo avanti, in prima fila, perché amavo gli altri, tutti. Volevo superare le ipocrisie, gli egoismi di coloro che dicono “non posso”, “non ho tempo per te”, di chi fa il calcolo, gli strategi della politica che, con il manuale Cencelli, soppesa ogni voto. Io mi affidavo al voto dell’entusiasmo, della scoperta, dell’amore. Erano grida vuote, ingenue. Oggi “bisogna apprarire”, dicono gli studiosi della comunicazione (massmediologhi).  I problemi “nostri” dovremo, ancora una volta, delegarli agli altri, cioè a chi si dichiara “normale”. Ogni considerazione è vana. Attenderemo ancora, la prossima tornata elettorale. Mi vergogno a sfogliare le  migliaia e migliaia di leggi del “sociale”, perché so che  sono state proposte da clowns ubriacatisi nel Parlamento. Ho pena perché erano pagliacci e sono restati tali. Plaudo chi non ci ha  preso in giro.

Amare di più o di meno?

Aprile 9th, 2009

Vorrei essere farfalla svolazzante in ogni dove, o
ape suggere ogni fiore, o
starmene immoto a recitare poesia
quando, a sera, occhieggia la luna
oltre le case sparse delle contrade
dei giorni vissuti affacciato alla ringhiera
osservando la nave salpare dal porto
col carco di sogni e il Capitano
pronto a raccontare facile navigare
quando calmo è il mare.

Tanti anni ho recitato la parte.
Confessore di tutti e nessuno.
Conosco tutte le rotte e
so che talvolta la natura varia, e
tu resti estraniato dell’assenza
quando cerchi con mano
chi vestisti di sacra promessa.
Tutte le altre parole restano mute.

Felice non più ho avuto un giorno.
Resto turbato a rincorrere voci e
mani segnanti restate trent’anni.
Tutto inizia e finisce quando si ama.
Superbia avvolta di peccato
perché amore è quello e non più
allorché tanto amato sei stato.

Superare l’imbroglio dei leaders. Come?

Aprile 5th, 2009

Qual è la questione principale del/nel nostro Paese? Sì, certo, si risponderà: la crisi economica. Nessuno afferma - soprattutto chi   ha  un  modestissimo incarico, anche come consigliere di una  farmacia comuncale -  che sia l’indennità di carica che gli viene data. Se si richiede un titolo di studio, una competenza professionale per dirigere un ufficio pubblico o no, tanto più è opportuno “scegliere” persone qualificate che, i partiti, dovrebbero inserire nella  propria Lista di candidati. Ma ciò non avviene (quasi) mai; è evidente  se   avvenisse,  già all’inizio sarebbero rese vane le promesse; poi a che servirebbero negli  enti locali, parastatali eccetera gli esperti, insomma i competenti? Ogni Partito dunque fa politica per un tornaconto, per la propria fazione. Elementare, vero? Ma nessuno rinfresca le idee, che io sappia, della gente sull’imbroglio antico, sempre nuovo e ripetitivo. La politica  gioca  sull’ignoranza, imbrogliando i giovani. Ci vogliono regole uguali per tutti i Partiti. E’ necessario imporre nelle Liste persone rappresentanti tutta la comunità, tutto il territorio nel quale avviene l’elezione. Va bene l’attenzione sulla donna, ma ci sono anche gli “altri”, riferendomi alla gente del territorio nell’economia, nella cultura, nello sport eccetera. Oggi in politica si imbroglia e basta: i primi a farlo sono gli yes-men. Nessuno si ribella a Berlusconi, non è perchél’uomo di Arcore sia geniale, ma per il fatto che la presunzione di ciascun candidato sta al gioco del capo della Pdl. Inoltre c’è il Dio denaro che spinge chi non possiede a comprare, a inquinare le regole democratiche, invece che  a far prevalere il valore del candidato; se questo fosse prassi (!) o regola, nel leader ogni imbroglio verrebbe eliminato. Facile a dirlo! direbbe qualcuno. No, è difficile iinvece iniziare, a sbloccare la situazione. Perché non facciamo, chi si ritrova defraudato anche in questa tornata elettorale, uno sciopero della fame per riscrivere le regole elettive dal … condominio al Parlamento?