A MIO PADRE
Mio padre fu un uomo di limitata cultura sui libri, ma di vaste conoscenze concrete di cose e persone. Partecipò alla 2a guerra mondiale col grado di caporal maggiore; lasciato solo a governare una combriccola di soldati nel momento in cui doveva imbarcarsi nel porto di Bari per Malta, venuto a sapere che Mussolini se la dava a gambe per l’imminente disfatta, decise che era bene “rompere le righe” e tornarsene, con mezzi di fortuna, a casa. Fino alla fine della guerra restò nascosto, «disertore» per i benpensanti. Ne parlo ne “Il Vergaro. Storia di contadini nella terra di Leopardi”, Moretti & Vitali, Bergamo 1999. La poesia che segue è un dono alla sua vita. Tra noi non c’è stato un colloquio profondo di parole e frasi (forse lo frenava la mia disabilità sensoriale). Bastava però uno sguardo, un gesto (…). Mentre anch’io vado verso la sera - le generazioni se ne vanno una dopo l’altra, la prossima a lasciare sarà la mia - penso che a mio babbo potevo parlare di più, spiegargli il mio Silenzio perché anch’egli lo accettase. Forse non sono stato a sufficienza figlio e psicologo (…).
Non sono altro che te, padre
nello sguardo vivace, nel lampo di luce
nel ricordo di quella contrada
dove mi generasti (confermano i mesi
nel Natale dell’anno d’infanzia della Repubblica).
Sei andato ora nel luogo dei più.
Effluiva primavera il 10 aprile 2002;
t’incamminavi nel terzo millennio.
Ormai ignoravi i discorsi
dei potenti della terra dicevi:
«Hanno qualcosa d’artefatto.»
«Vero, babbo» rispondevo.
«Troppo denaro.» Pausa.
«Vero padre, vero» confermavo.
«Otri di superbia, venduti
nella stanza dei bottoni, per voti.»
Sono sagge valutazioni.
Siamo uguali padre nel giudicare
la politica, la vita, le rabbie.
(era allora che aprivamo ali
spaziando pensieri nell’idiomatico
linguaggio; odore di stallatico
m’insegnò che la fatica compensa
indurisce mano dilata il cuore)
Ora dormi: le mie grida dal Silenzio
non scavano pietra, ove è inciso alfa e omega.
Tu lineare al comando, burbero
su chi accumula denaro, sei icona
serena accanto ai compari
in terra consacrata nel paese di collina.
Spiace averti rattristato
col dramma di mia vita.
Ti risento vocione
condannare Mussolini, gli eguali
bramanti potere, io non spero salire
gradi politici. Non m’interessa sortire
dall’anonimato per consenso ai loro interessi.
Guerriero col cuore di fanciullo, padre
nelle notti, quando l’Adriatico
sposa tramonto annuncio
d’essere girovago per la citta’
dire alla gente «noi siamo comunita’
nell’identità di lingua e cultura».
Frasi lette nei libri di Sacks (1).
«Pur noi lo fummo là, ricordi?»
«Vero babbo, a Bagnolo (2) c’era solidarieta’
altro che il sottobanco di Berlusconi (3) a Previti (4).»
Si desta mio padre dall’avello
se gli parlo di politica dell’ultimo decennio.
«Solo ammiro l’uomo di Montenero (5)
figlio di genitore testato (6) su sodi e polpe (7).»
Gli avevo regalato il libro di Travaglio (8) su Di Pietro.
L’unico che ha letto da inizio a fine
oltre la Bibbia e la Divina di Dante.
Nel silente gelido marmo dormi
in questa collina di Montecassiano (9)
straziandomi il cuore con l’altro Silenzio
che tormenta l’anima tesa a sapere (…).
«Ti è manifesta la Verità?».
Non rispondi alla domanda di fondo.
Resto smarrito infiacchito nei pensieri.
M’allontano dal tuo cospetto quasi irato
per divenire volatile senza nido,
trottola incauta d’estremo osare
interrogandomi perché non (mi) annunci
la Verità l’Amore l’alto respiro di Dio?
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1) Neurologo e scrittore che nel libro “Vedere voci”, Adelphi, Milano 1998, dimostrò che i non udenti hanno cultura e lingua fondate sulla percezione visiva.
2) Contrada di case sparse a nordest di Recanati dove erano mezzadrie di conti degli Azzoni Carradori e di altri latifondisti.
3) Già più volte capo di governo, pluriaccusato per vari reati.
4) Parlamentare, ministro e avvocato di fiducia di Berlusconi.
5) Montenero di Bisaccia, paese natale del magistrato Antonio Di Pietro, indagò sui parlamentari, ministri, imprenditori, segretari di partito, fenomeno illegale conosciuto come «Tangentopoli». Di Pietro era componente di un gruppo di magistrati (Gerardo D’Ambrosio, Davigo, Colombo, Ghitti, Borrelli, procuratore capo).
6) Forgiato dall’esperienza, dal vissuto.
7) Scarti di barbabietole lavorate negli zuccherifici, utilizzate come mangime per gli animali domestici.
8) Giornalista che ha documentato coi suoi scritti e ricerche le vicende giudiziarie di Berlusconi.
9) Paese di dodicimila abitanti a nordest di Macerata dove riposa il padre dell’autore.
da Renato Pigliacampo, L’albero di rami senza vento, (silloge inedita al luglio 2006)