UNIPATIA
UNIPATIA
di Renato Pigliacampo
dal Dizionario della disabilità, dell’handicap e della riabilitazione, Armando Roma 2009 (2^ ed.)
Secondo le indicazioni dell’analisi compiuta di Edih Stein l’empatia è divisa in tre gradi: il primo grado consiste nella «lettura» di un’espressione emotiva sul volto di qualcuno; il secondo grado quando l’attenzione è intenzionalmente diretta sullo stato d’animo dell’altro; infine abbiamo il terzo grado quando pone attenzione al vissuto dell’altro. I tre gradi dell’empatia ci permettono di evitare l’errore di confondere l’empatia con l’unipatia che, secondo la teoria di Lipps, consiste nel fatto che un Io si fonde con l’altro. Tuttavia Edith Stein fa presente che la teoria di Lipps dimentica l’interazione che ciascuno di noi ha col corpo dell’altro (azione psicofisica). In questa interazione però dobbiamo ricordare che l’Io non si unisce a un altro Io ma rimane sempre se stesso. Nell’unipatia l’Io scopre nell’altro lo stesso sentimento che egli sperimenta, da qui si origina l’Io che procede verso il Tu per un Noi. Ed è proprio questa forma di unità superiore che manca al co-sentire e distingue l’unipatia dall’empatia, in senso stretto. Edith Stein afferma che proprio l’apertura empatica verso l’altro ci permette di individuare l’errore originario giacché, un profondo atto empatico, ci sospinge alla comprensione che, prima, forse per un’azione erronea di proiezione sull’altro di attese o preconcetti, ci era sfuggito; infine l’empatia non va confusa col contagio emotivo. A volte il soggetto che empatizza può anche non rispondere al messaggio emotivo che riceve ma non vuol dire che non comprende lo stato emotivo comunicato dall’altro.
Vedi:
Angela Ales Bello, Edith Stein. La passione per la verità, Edizioni Messaggero, Padova 1998.
Laura Boella, Annarosa Buttarelli, Per amore di altro. L’empatia a partire da Edith Stein, Cortina, Milano 200.