La professionalità dei docenti rimasta in uno sgabuzzino del Ministero della P.I.

Spesso sono chiamato a tenere seminari e corsi di aggiornamento per i docenti di sostegno in ogni dove dell’Italia. Io non gradisco la definizione «insegnanti o docenti di sostegno». C’è allusione al pietismo, ci si scorge il samaritano che aiuta perché ha cuore, con la speranza che il Padre Eterno se ne ricorderà nell’aldilà (…). Nel nostro Paese abbiamo avuto e abbiamo tanti cirenei «specializzati pressappoco», «polivalenti tutti». Per la scuola secondaria di primo e secondo grado l’organizzazione dei corsi polivalente mi  manda in bestia. Il motivo è che tutti i corsisti sono assemblati di solito in un unico corso. Non è considerata la tipologia di laurea. Le Università hanno autonomia didattica e metodologica, quasi mai considerano la specificità della disabilità a cui sono destinati i docenti. Sulla carta gli insegnanti dovrebbero conoscere come insegnare agli scolari non udenti, privi della vista, autistici, down, soggetti borderline, con deficit di condotta, studenti con problemi fobici e psichiatrici, con disturbi di personalità paranoide e così via. Di questo casino a rimetterici maggiormente sono gli studenti sordi e ciechi. Costoro possono apprendere tutto «basta saperglielo insegnare». “Bella frase”, così vedo spesso dirmi dai corsisti. “E perché bella?!” replico a volte stizzito. La trovo ovvia. Infatti se lo studente non ha altre patologie di svantaggio, lo sordità non pregiudica l’apprendimento. I test mentali, appositamente preparati per chi non ode, dimostrano potenzialità intellettive nella norma e spesso maggiore dei coetanei udenti. Il profitto è però disastroso da quando i sordi sono stati inseriti nella classe comune della scuola pubblica. La “colpa” dobbiamo puntarla sulla ministra Moratti che, in cinque anni, hon ha risolto il problema della preparazione dei docenti qualificati. L’ho denunciato in un piccolo libro, firmato con lo pseudonimo Scuola di Silenzio, Lettera a una Ministro ( dintorni), Armando, Roma 2005). Tutto restato allo status quo. Però anche il «docente di sostegno»  è responsabile, contnua a sostenere  lo studente improvvisando, raramente conoscendo le modalità di comunicazione. Il docente di sostegno non ha compiuto il salto verso la professionalità per divenire «docente specializzato» secondo le necessità richieste  della specifica istruzione. Adotta la comunicazione verbale sempre col dubbio se accentuare la voce per il fatto che la madre  del ragazzo ha dichiarato che il figlio ha «residui uditivi» e «ci sente». I docenti si barcamenano alla ricerca di una metodologia e didattica restate sempre nelle intenzioni, verso le quali non compiranno l’ultimo passo perché, aggiornarsi bene, «costa troppo», o perché «i corsi sono organizzati a Roma, a Milano, a Padova… troppo lontano!». Taluno opta per un corso affrettato di LIS nella sezione dell’ENS del capoluogo di provincia. Per la didattica si va avanti come… se lo studente o l’alunno fosse udente.

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