LA QUESTIONE DELLA LIS: LINGUA DEI SEGNI ITALIANA

 

 

C’è un gruppo di sordi italiani che auspicano, come è avvenuto in molti paesi dell’EU, che la LIS nominata lingua  dei segni italiana sia riconosciuta per legge dal proprio Governo. Ormai sono decenni che ci si accapiglia, faccio per dire, sulla LIS. Ogni nuova legislatura ‘partorisce’ un quantità di parlamentari – di tutti  i partiti – che propone una legge per il riconoscimento della LIS.

 

Ricordiamo che, nel periodo della  presidenza dell’ENS di Ida Collu, il Senato, nella primavera del 2009, approvò la proponente legge, bocciata poi in seconda lettura dalla VII  Commissione Cultura e Istruzione della Camera dei Deputati, rinviandola a sine die.

 

Eccoci che alcuni deputati della presente legislatura intendono riproporla, dopo le solite  diatribe sui giornali e i massmedia, sulla “marcia” dei sordi partiti da Parigi e giunti a  Milano per attirare l’attenzione della gente!

 

Alcuni cartelli, come  ricorderete, un anno fa erano alzati dai sordi e ipoacusici in un sit-In  a piazza Monte Citorio, a Roma, sui quali scritto LIS SUBITO. Tale presa  di posizione ha  allarmato coloro che la combattono letteralmente, in primis alcune associazioni regionali di famiglie di sordi e/o ipoacusici federate  alla FIADDA. Di solito è il vecchio pregiudizio, non rimosso, di taluni operatori riferendomi ai logopedisti e foniatri, ai docenti dei sordi cosiddetti «oralisti» che,  esporre i sordi alla LIS, si comprometterà lo sviluppo (verbale) del linguaggio. Perciò il pregiudizio iniziato col famoso Congresso  mondiale  del 1880 di Milano, per far prevale l’oralismo, ritorna ancora più prepotente, adducendo qualcuno  dire «vogliono  ributtare i sordi nel medioevo», o «sono fautori delle scuole  speciali» e  così via.

 

Chi pensa così sa d’essere in malafede. Dice questo perché è incapace, per cultura e professionalità didattica, di rispondere alle necessità d’insegnamento specializzato per i sordi e gli ipoacusici.

 

Qualcuno diceva – e  ancora ammette – che dietro la volontà di approvare la LIS c’è un gruppo di lobbisti. Attenzione: qui dobbiamo molto scavare perché si ricollega all’incapacità dello Stato di programmare sui bisogni scolastici dei sordi e degli ipoacusici: e pure sui servizi territoriali perché il D.P.R. del 31 marzo 1979 (cfr G.U. 9.5.1979, n. 125) è stato recepito a metà dalle regioni a cui erano delegati i compiti.

 

E proprio facendosi forte di questa delega non attuata, almeno in parecchie  regioni italiane (ogni regione agisce in modo differente verso i sordi con le proprie leggi regionali): ne sortisce un guazzabuglio inestricabile, in particolare nel rispondere alle necessità di superare le «barriere di comunicazione». Perché c’è gente che interpreta, tale indispensabile necessità dei sordi,  per soddisfare il pro domo mea (!).

 

Non vogliamo generare nuove diatribe. Finirebbero per nuocere i protagonisti e la professionalità di chi ha i titoli.  Queste ipotesi sono state apparenti, sebbene non dette esplicitamente, l’1 luglio 2013 nella sala “Mappamondo” della Camera dei Deputati dove, il citato Gruppo promotore LIS Subito, ha invitato studiosi per dibattere sulla legge pro LIS.  Erano presenti persone qualificatissime, di cui non è necessario indicarne il curriculum. Dico dell’ex-ministro dell’Istruzione, prof. Tullio De Mauro, Virginia Volterra, Maria Cristina Caselli, Ersilia Bosco e il presidente dell’associazione ANIOS degli interpreti in Italia, Cardarelli, Parlamentari e studiosi della LIS sia del settore teorico che  d’insegnamento pratico. La promotrice di LIS Subito, Gulli,  e Radio Kaos ItaLIS, che ha  sostenuto l’incontro, hanno indotto a riflettere sulla tematica perché, in Italia, è  così tanto difficile far approvare una legge sulla LIS.  Nessuno obbliga i genitori, che la rifiutano per i propri figli, ad apprenderla o i propri figli a frequentare i «segnanti».

 

I pregiudizi non devono albergare in una mente tesa a conoscere. Siamo nati avendo una tabula rasa e  perciò chiamati a divenire mente in progress. E  perciò bisogna  ascoltare chi ha studiato la tematica.

 

Ecco parlare di LIS il prof. Tullio De  Mauro, il più importante linguista vivente italiano, adducendo che la LIS ha tutti i requisiti per essere valido mezzo di interrelazione, confermando quanto afferma lo psicolinguista Noam Chomsky, il massimo studioso mondiale d’oggi: «la lingua dei segni ha  tutto ciò che ha la lingua orale, in modo diverso».

 

E’ proprio questa modus percettivo diversificato che affascina la ricerca sia di taluni sordi che udenti.  (cfr Renato Pigliacampo «I neuroni specchio e il protolinguaggio visivo-manuale» in Annuali della Facoltà di Scienze della Formazione, 2, 2006, Università di Macerata, edizione Eum, 2008). La LIS tuttavia va insegnata, ai soggetti udenti in età evolutiva da persone qualificate, con conoscenze universitarie psicologiche, linguistiche, pedagogiche e neurologiche.

 

Un’esperienza d’insegnamento della LIS ad udenti nel territorio di Macerata, proposto da una docente nelle scuole di ogni ordine  e grado, ha permesso di conoscere quanto utile sia la lingua dei segni  per gli scolari o studenti udenti nell’approfondire la conoscenza della «parola» perché permette d’aprire letteralmente una  finestra sulla percezione visuomanuale del codice verbale.

 

In seguito hanno capito, questi scolari e studenti, che si può comunicare  con i sordi, coinvolgendoli in esperienze relazionali  utilizzando il canale visivo-motorio. Tutto ciò, come è facilmente intuibile, la LIS  non va  appresa in modo meccanicistico o nell’azione psittacistica come succede spesso, imitando ciò che  succede  per la lingua verbale. Questo induce  a studiare la psicologia dei processi mentali, la neurologia, i processi empatici, il comportamentismo e, ovviamente, insegnata ai bambini, la  psicologia  dell’età evolutiva.

 

 

 

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