Il cuore è un cacciatore di… parola?
E’ probabile che abbiate letto il romanzo di Carson McCullers Il cuore è un cacciatore solitario, un classico della letteratura americana, edito in Italia dapprima da Longanesi, poi dall’editore Corbaccio. La storia è imperniata sulla figura di John Singer, un orologiaio sordomuto. Che succede? Attorno a lui si ritrovano quattro personaggi: il loro fine principale è “parlare” ed essere “ascoltati”. E la scelta di Singer appare un paradosso! Jake Blount è un alcolizzato che vuole cambiare il mondo attraverso l’ideologia marxista; Benedict Copeland è un medico negro che ha speso tutte le sue energie per la causa dei fratelli negri; Biff Brannon è il proprietario del New York Caffé, con un gran cuore per gli emarginati e Mick, ragazzina con una passione sfrenata pr la musica, un numero imprecisato di fraratelli e sorelle ma nessun soldo in tasca. Singer labiolegge le labbra con pazienza, riuscendo a risollevare a ciascuno gli animi turbati dall’esistenza della vita e dalle sconfitte. L’orologiaio comprende gli altri ma anche i limiti delle proprie difficoltà di comunicare, riversando il desiderio di comunicazione su Antonopoulos, un amico sordomuto a cui lo lega la spontaneità d’accesso alla lingua dei segni. L’amico segnante è ricoverato in manicomio, Singer gli scrive stupende lettere, senza mai imbucarle. Gli racconta che le uniche gioie della sua vita sono state quelle trascorse insieme parlando a segni, aprendosi alle stesse esperienze. Il testo di McCullers ci induce a pensare alla vacuità delle relazioni umane e all’isolamento sperimentato, da ciascuno di noi, quando dileguano i propri ideali, soprattutto il bisogno fondamentale di scambi relazionali, per lo più oggi spersi nella sopraffazione dei media.