Sordità, cultura e formazione dei sordi. Riflessione.
Essere sordo oggi induce, tutti noi protagonisti, a pensare alla situazione scolastica dei giovani diplomati sia della scuola secondaria di primo che di secondo grado. Forse durate il periodo di scuola dell’Infanzia e Primaria ancora non compare la tragedia dell’istruzione dei sordi. Negli anni Settanta del secolo scorso si parlava malissimo delle scuole specializzate, venendo infangate di ingiuste accuse. Negli anni che seguirono i sordi sono stati accolti nella scuola residenziale come - in un certo senso - è giusto che sia così. Tuttavia la maggior parte dei docentii era incapace di rendersi utile nella didattica, vale a dire insegnare a questi scolari “speciali”. Sono scaturite diatribe di ogni genere per la mancanza di formazione, demonizzando oneste persone (senza loro colpe). Come ho più volte scritto nei miei testi (cfr Scuola di Silenzio, Lettera ad una Ministro (e dintorni), 2006 e Parole nel movimento. Psicolinguistica del sordo, 2009, editi da Armando.
Mai si è affrontata la formazione dei docenti ad hoc affinché le potenzialità (enormi!) dei sordi o degli ipoacusici venissero considerate e/o stimolate dalla Scuola!
Se in questi anni abbiamo considerato il passaggio dell’homo sapiens all’homo zapiens e, poi, costui ha imboccato il precipizio di Homo analfabeta, mutamento che è stato ancora peggiore per il sordo o per chi ha problemi di sordità perché non sono stati predisposti gli elementi culturali indispensabili per permettere i soggetti di partecipare al «pasto acquisitivo» (cfr Renato Pigliacampo, 1983 e successive edizioni). I sordi, inseriti nella scuola ordinaria, hanno imitato in toto il «modello udente» dei coetanei, scimmiottandoli. L’imitazione è stata recepita a livello di manualità, manifestata o con la gestualità spontanea e utilitaristica o con la comunicazione grafica (cfr l’abilità dei sordi nel disegno o nella pittura). E qui si apre un altro discorso.
Il bisogno di alfabetizzazione dei sordi è divenuto urgentissimo in questi ultimi anni! Se Cardano gridò «Crimen est non istruire i sordi», oggi noi gridiamo, alla fine del 2011, che è una vergogna, un insulto alla credibilità di un Paese lasciare le intelligenze dei bambini, con problemi d’udito, o illudere i loro genitori che la sordità sia possibile sradicare dalla faccia della terra, pertanto cestinare le metodologie, le polisensorialità di stimolo dei sensi vicari all’udito, affermare che il verbum è il solo punto di recupero principale, come diceva Mons. Giulio Tarra al Congresso di Milano del 1880, è chimera!
Riletto oggi il «Crimen est» di Girolamo Cardano, che aveva un figlio sordo, si comprende meglio che, il dramma dei sordi, non è tanto la sordità in sé stessa, ma l’analfabetismo che alberga (anche) tra chi si è proposto a guidarli, e c’è anche chi (pare) sia riuscito a farsi eleggere, restando impavido con la sua ignoranza. E ora che fa? Semplicemente si affida all’interprete. Cosicché costei finisce per acconsentire ad un’azione che non le compete. Sia chi aiuta sia chi è aiutato è gente dappoco, ignorante (un ignorare proveniente dalla scarsa alfabetizzazione e di valori etici). Sono sordi - possiamo dire - che si celano dietro la sordità (badate bene!) per nascondere, appunto, la proprio ignoranza, affidando ad altri gli interventi ’spinosi’ o/e che sono di loro competenza con programmi specifici e progetti e, soprattutto, scrivendo in una comprensibile lingua italiana, nel nostro caso, o segnando in LIS. Molti sordi di oggi, in posseso di titoli di scuola secondaria, confrontati con coloro che hanno ottenuto lo stesso titolo 30-40 anni fa, non reggono il paragone tanto sono indietro perché il ragionamento - sia in lingua dei segni che in lingua italiana - è talvolta confuso e scoraggiante…
Signor Ministro Profumo, siamo in un circolo vizioso. Ha riflettuto sulla formazione per i nostri docenti? Lei afferma, come le sue precedenti colleghe, che la specializzazione è «per il sostegno». Molto bene, abbiamo un docente di «sostego», ma se dovessi sottopormi ad un intervento chirurgico io esigo, e credo anche lei, chiedere il chirurgo specifico.
Ecco che noi sordi auspichiamo che emerga né l’homo udens né l’homo signum ma l’homo intelligens nelle potenzialità di esprimersi nelle modalità da lui scelte, in considerazione del fatto che è all’altezza di esercitare una critica costruttiva, di comunicare (far comune) in modo che chi lo ascolti o lo veda dica: questo soggetto è idoneo per governarci. I sordi devono imparare a rispettarsi a vicenda nelle proprie responsabilità: e non strepitare contro qualcuno che la pensa diversamente. La critica è sacrosanta, tanto di più deve avvenire nei sordi perché, limitati talvolta nel dibatito e nel confronto, devono «crescere» proprio negli scambi di idee e comparazione di programmi. Questo confronto, questa elementare visione, diciamolo pure, è imprescindibile da un’ottima istruzione. Se non siamo abbastanza ‘presenti’ come eravamo qualche tempo fa - artefici e sicuri del nostro essere noi ad affrontare le Istituzioni - significa carenza di delegati, il non andare di passo con la cultura e la formazione continua del notro tempo.