Legalità e democrazia
Mai si è parlato tanto di «legalità» e di «democrazia» come da quando è sceso in politica Berlusconi: e ugualmente mai le due parole sono state tanto ignorate e prostituite! Non è un caso che le persone scelte dall’uomo di Arcore per un incarico di partito o addirittura per offrirgli un ministero siano, sul piano morale, discutibili o sulla strada della corruttibilità. Sembra che lo faccia apposta, ma – signori miei - non è proprio così. Per il signor B. è logico offrire un incarico a gente che cela scheletri nell’armadio; si premunisce in anticipo per non essere ricattato. Ora sorge una domanda, semplice ma necessaria: noi dell’Idv dobbiamo innestare anticorpi che manifestino i valori della Persona, con la P maiuscola, e non solo quelli indicativi sulla legalità che, i nostri nemici politici, tout court indicano «il giustizialismo di ADP». Ricordiamo che la persona è un valore propositivo in sé proiettato al domani, la scelta del principio legale è, invece, una proposta esecutiva del momento. La politica di B. è inopportuna perché si basa sull’esercizio di risolvere i suoi problemi, cioè le questioni ad personam. Questo signore ha ingessato l’Italia (ottima l’analisi di Sciortino su Famiglia Cristiana) perché – dalla mai chiarita iscrizione alla P2, sino all’accumulo di improvvise e immense ricchezze, si è creato una corruttela che non aveva mai avuto eguali nel nostro Paese che non condiziona solo aspetti materiali dell’individuo, ma soprattutto mentali e psicologici. Nel primo cpv dell’art. 3 della Carta leggiamo: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.» Sbagliato: è una Repubblica fondata sul gioco. Ai giovani d’oggi non interessa più programmare la vita con sbocco un onesto lavoro, bensì tentare la fortuna al gioco dell’Enalotto, o in tutte le svariatissime forme di scommesse del “Gratti e vinci”! Docet la compagna del Presidente della Camera. «Ho vinto all’Enalotto!» dice ai giornalisti che le chiedono della sua improvvisa fortuna economica. Perché sia creduta fa pubblicare la cedola della vincita. I seguaci di Fini in politica esclamerebbero «Che c.!» e si fermano qui. Se la compagna di Fini fosse una donna che ragionasse seria politica, non dico una Iotti (la ricordate?), uscirebbe con eleganza dai sospetti affermando: «Lo Stato italiano si dovrebbe impegnare di più per venire incontro ed educare i giovani nel lavoro e non al gioco. Credo che a pochi, in gioventù, capiteranno la mia stessa fortuna. Meglio imparare l’arte. Come facevano i nostri padri». Sono discorsi che nessuno fa più. Noi che li (ri)pensiamo siamo tacciati d’essere fuori tempo, per il fatto di affermare che troppi si fanno imbarcare sulla barca per fare soldi sùbito, nell’ambigua passerella di apparire. La colpa di chi è? Basta alzare gli occhi sul capo del governo e quanto succede tra i parlamentari che lo sostengono per accorgersi che, il signor B., non ama l’Italia ma i propri affari, che impasta con chi gli dà credito, il quale è tanto più alto quanto più corrono alla sua corte gli yesmen! Ecco il corollario finale che Democrazia è = al rispetto della Costituzione che è = a legalità, non la solita stantia battuta ad effetto predisposta per il Capo dai suoi massmediologi del momento «ghe pensi mi». www.renatopigliacampo.it