I disabili esclusi in politica. L’Idv ne prenda atto
(Nota. Questo intevento è riportato anche sul periodico, come altri, di Orizzonti Nuovi dell’Idv. Vedi www.orizzontinuovi.org)
E’ iniziata la campagna elettorale per le elezioni regionali. I candidati hanno individuato, con astuzia, le associazioni di volontariato o di “categoria” nelle quali attingere il consenso. Una volta, tout-court, indicate come “serbatoii di voti”. Sono presidente regionale di un di un’associazione di disabili sensoriali e mi dà fastidio che taluni candidati giochino alla vecchia maniera la ricerca del consenso elettorale. Per molti politici noi disabili non siamo considerati soggetti protagonisti, ma persone passive, incapaci di affrontare la soluzione dei propri problemi. Siamo sempre e solo giudicati incapaci; è evidente, reale, inconsapevolezza, anzi offesa l’indicazione “diversamente abili”. Che significa? I geni, quando concepiscono il nuovo, appunto, ex-novo, sono diversamente abili nelle proposte! Non ho mai visto una comunità evolversi sullo status quo. Noi sordi (ad personam, in questo caso, NdA) siamo costretti a convivere e interagire con personale e strutture utilizzati dalle persone comuni. In tutti questi anni, ai vari governi, che cosa abbiamo effettivamente chiesto sennonché una comunità strutturata per tutti? Ciò che tanti Paesi stanno attuando, dopo aver firmato la Risoluzione dell’ONU per permettere la partecipazione sociale, culturale e politica di chi ha problemi sensoriali e psicofisici. Non possiamo non verificare, anche nell’Idv che parla di “valori”, un ritardo di anni nell’attuazione di un processo culturale e strutturale che permetta la partecipazione reale. ADP e i suoi “colonnelli”, si sono rivolti allo scrivente per aprire un dialogo politico in un mondo difficile come il settore disabilità, ma raramente – solo nelle adunanze ufficiali di partito – si ricorda la tipicità della disabilità, magari chiedendo la presenza di un “interprete di lingua dei segni” per i sordi e gli ipoacusici. Oggi, nei Partiti, è urgente - non solo l’educazione alla legalità e al rispetto delle Istituzioni - ma anche ogni iscritto che si attribuisce «normale» deve avere l’umiltà di lasciar fare, in specifici settori, ai protagonisti. Capisco che siamo tutti, perché persone, protagonisti, ma i disabili sono più protagonisti degli altri che vogliono la delega perché sperimentano, sulla propria pelle, un vissuto difficile. Siamo stufi che, gli atteggiamenti dei politici cosiddetti normali, contribuiscano a tenerci lontano dalla soluzione dei nostri problemi. I leader di partito, per limiti sociologici e culturali, non si avvedono di lasciare potenzialità sulla soglia delle segreterie. «Ogni diversità costituisce uno stimolo nuovo per sforzare il pensiero» ammette lo psicologo J. Korczak, perché implica una visione della società a 360° che, un acuto leader, non può lasciarsi sfuggire. Ecco una definizione, a pennello per noi, della scienziata Margherita Hack molto attenta e aperta su queste tematiche: «Unire la lingua all’intelligenza nel parlare di handicap può essere un modo per tenere alta l’audience e senza strumentalizzare i problemi, a patto, ovviamente, di saperlo fare.» I politici che vogliono il nostro consenso lo sanno fare? Ne dubito.