William Stokoe scopre che…
Solo nel 1960 del secolo scorso lo statunitense udente William Stokoe (cfr. Sign Language Structure, Spring Silver, Linstok Press) dimostrò che «i gesti dei sordi» erano segni che facevano parte di una vera e propria struttura linguistica, una lingua appresa attraverso il canale visivo e comunicata con la motilità significativa e l’espressività. Eh! io nel 1960 non era ancora entrato, per pochi mesi, nel Pianeta del Silenzio.
Ho scritto molto sulla lingua dei segni (da ora in poi LdS), sebbene la utilizzi - nei movimenti - meno bene rispetto al sordo che è esposto alla stessa dalla nascita. Ci sono sordi bravissimi a segnare, pur essendo, talvolta, analfabeti. La loro condizione è simile a quella dell’udente che, pur essendo intonato, ricco di immaginazione per raccontare storie (prendendo qui e là parole udite) non sa spiegare la grammatica utilizzata, i generi e il numero della sua «lingua». Questa lingua visuomanuale non è stata accolta dignamente nelle Università (almeno sino a qualche tempo fa), sebbene Virginia Volterra dell’Istituto di Scienze cognitive e del linguaggio del C.N.R. sia stata meravigliosa nel tentativo di abbattere i pregiudizi sulla LdS. Purtroppo le ricerche di Virginia Volterra e del suo gruppo, sebbene apprezzate dall’esimio prof. Tullio De Mauro, sono state come il fumo negli occhi per gli otochirurghi, gli audiologi, le logopediste e gli estimatori del “metodo orale”. Ancora subiamo umiliazioni e sconfitte negli incontri internazionali con gli studiosi della lingua dei segni. L’ENS (l’Ente Nazionale Sordi) sta riparando al ritardo stimolando la ricerca nei giovani con la prospettiva dell’insegnamento della LdS agli udenti (e ovviamente ai sordi) nella scuola pubblica perché, ormai è dimostrato, che la lingua dei segni è utilissima per chi è abituato o assuefatto nell’insalatiera linguistica verbale d’oggi.