Oliver Sacks (IV)

Sacks comprende, dopo attenta comparazione con   gli udenti, che i sordi rappresentano lo spazio comunicativo in in un modo complesso, cognitivo. L’esperienza di “parlare”  con con questo linguaggio modifica il modo di pensare, gli stessi processi cerebrali. Sacks porta la riflessione sul fatto che la fenomenologia di essere sordo non è altro che un processo culturale: «… un sordo, essere nato sordo, pone l’individuo in una situazione fuori dall’ordinario… » (cfr. O. Sacks, O. cit., p. 160). Il neuropsicologo intuisce poi che è presente nei sordi una caratteristica: essi sono  soggetti segnanti e vedenti in un processo di comunicazione particolare che, per i per i parlanti e gli ascoltanti, è un modus di  comunicazione inutile, anzi controproducente perché  non comprendoli non rispondono alle loro necessità di interloquio:  cadono in un circolo viziono, improduuttivo sul piano interrelazionale. Così li allontanano dalla comunità di maggioranza (verbale). C’è da dire che Sacks apprezza molto il metodo mimico-gestuale di Padre (de) L’Epée della scuola di Parigi, dove  era andato a ad apprendere il “metodo francese”  il Sac. Tommaso Silvestri, che voleva aprire una scuola a Roma. Infatti De l’Epée partiva dai segni per insegnare la lingua  scritta, che, secondo lui, essa faceva da traino anche  alla lingua vocale. Accanto a Padre l’Epée operava il famoso Itard, che può essere considerato il primo audiologo o logopedista sui  generis di allora. Itard, per salvare la professionalità e specializzazione medica, non dava molto credito al “linguaggio” dei “gesti” o della “mimica” del suo direttore     Testardmente non si  avvedeva, Itard, che i sordi potevano essere  liberati dal psittacismo,  proprio grazie allo sviluppo dei processi psicocognitivi visivi. L’individuo udente fa fatica a comprendere questo, per il semplice motivo  che l’attività articolatoria della parola è dominante, nel processo imitatorio. L’Epée notava , nell’interrelazione dei sordi fra loro, un continuum processo sociale. Il sordo deve confrontarsi/specchiarsi con gli altri per comunicare. La parola è una moneta messa in circolazione nel gruppo dei pari. Inizia nel ‘dialogo’ con i propri genitori. Tagliato il cordone ombelicale, è sato affermato, si instaura il cordone comunicativo. E’ un processo che vale per tutti e di più per il piccolo sordo o ipoacusico. I genitori sordi, è stato notato, sono molto più attivi dei genitori udenti (D. Bouvet, 1980, tr.it)  in questo processo di coscienzazione. «… Il passaggio da un mondo percettivo a un mondo concettuale è reso possibile da un dialogo iniziale con cui i genitori… » (O. Sacks, p. 92). I bambini udenti, come è noto, “parlano tra sé”: è un ottimo esercizio, il piacere di ascoltarsi. Così il piccolo sordo deve considerare la propria mano «lingua» - - - come entità fisiologica - per dar vita alle  forme (i segni) strutturati sulla grammatica  visuomanuale.

(Continua)

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