Il fare meglio dei sordi
Ho scritto che la sordità sensoriale è soggettiva; per esempio non si può affermare che la protesi x vada bene a me e a te. Quando si vuole correggere la vista le diottrie cono personalizzate al grado di perdita visiva. Vero che oggi abbiamo protesi acustiche personalizzate, ma l’ascolto (mi riferisco ad ascoltare e non al sentire che è differente) è un processo psicologico e linguistico che interagisce con l’intelligenza della persona (…).
Affermavo che la sordità è “personale”, ma si presenta come modus vivendi, filosofia esistenziale, processo di adattamento alla peculiarità del Silenzio (con la S maiuscola). La volontà delle madri - comprendiamole e giustifichiamole - è di favorire nel figlio, con problemi d’ascolto, la sanità dell’udito, meglio specificare l’opportunità d’udire la parola utilizzata dalla comunità di maggioranza. Le madri soffrono il trauma psicologico dell’incapacità di svolgere la loro principale funzione: parlare al/col figlio. Non avendo esperienza del Silenzio in esso scorgono negazione del presente e della vita a venire. Le mamme del Silenzio vedono nel piccolo loro stesse: non si lamentano più di tanto perché hanno sperimentato e vivono, quotidianamente, i differenti approcci psicolinguistici e relazionali. Ecco che la condizione nel Silenzio dienta una vera e propria filosofia di vita (cfr. R. Pigliacampo, Parole nel movimento. Psicolinguistica del sordo, Armando, Roma 2007), alla scoperta di quel che Henry Laborit considera nuove rotte per individuare orizzonti dei quali non credevamo l’esesitenza. Miseri sono i genitori che, con la smania di sanizzare l’udito, si disperano e rincorrono in ogni dove il famoso luminare (…). Ahimé, vedono nel figlio i pochi centimetri quadrati degli orecchi inefficaci dimenticando di fermare l’attenzione su tutto il corpo nella realtà cinestetica: gli occhi che non solo vedono ma captano le forme percependo intelligibilmente la/e motilità della/e mano/i. E’ aprirsi ad un linguaggio nuovo per un esistere utile alla comunità che è per lo più cianciante e ripetitiva. Dico sempre ai familiari dei bambini del Silenzio: nel vostro figlio non mirate la sordità, sebbene non si veda e solo voi la vedete!, ma il Silenzio perché, con la vostra maestria di educatori specializzati (dovete diventarlo), dovrete aiutarlo a divenire quel che è nel suo Silenzio di persona vincente. Dunque se non si lamentano i vostri figli per la disabilità all’ascolto della parola verbale perché dovreste lamentarvi voi? Non capite che combattendo il mostro Sordità le date chances per sopraffare, prima o poi, vostro figlio perché non lo state preparando alla vita secondo i bisogni rincorrendo un ipotetico modello udente che gli è sconosciuto? Basterebbe questa riflessione - che non è indietreggiare - per avere serenità, accoglienza di una condizione che s’apre al fare diversamente meglio.