Il Cavaliere e i politici “attori”
Questa politica ha un senso?
Il Cavaliere ha fondato due partiti. La spaccatura dalla Cdl era stata preceduta dalla fondazione dei Circoli della Brambilla, “partito sponda”. L’astuzia del Cavaliere fa morire la politica, o almeno il pathos, la passione presenti in chi chiede il consenso per rappresentare, disinteressatamente, la gente, i problemi, le esigenze (…).
Berlusconi, al contrario, invecchiando peggiora. Megalomane che non ha paragone. Il cantautore Paco Ibañez, spagnolo, in un’intervista a Rita Sale de Il Messaggero, ha detto: «Io so soltanto che la gente vuole vestirsi dentro, nonostante la società oggi tende, sempre più, a volerci vestiti fuori.» Il vero poeta è chi dialoga col sentimento, stimola emozioni. Idem il grande politico perché favorisce la genesi dalla «cosa pubblica» di una chance: una «cosa di tutti». Nel caso del nuovo partito di Berlusconi, nato motu proprio, la «cosa» è esclusivamente sua. Perché non c’è nulla che tale partito possa offrire alla società, essendo la sua politica azione per il fine di se stesso: rispondere alla propria megalomania e conservare lo status economico. La politica reale è un processo d’integrazione tra «il» politico e la comunità, dapprima generale e poi specifica, di provenienza insomma di chi ha fornito la delega.
Un’attenta analisi psicologica del Cavaliere, anche delle citazioni, mostra evidenti disturbi della personalità: «Sono stato come la fata Smemorina di Cenerentola: erano zucche e li ho trasformati in prìncipi.» Si riferisce a Casini e Fini. E’ come si dicesse: voi due non siete niente, tacete e seguitemi. Una sortita che potrebbe essere accolta in un contesto familiare o amicale, ma che è inammissibile per due politici che rappresentano degli elettori, a cui dovrebbero rispondere con programmi e scelte. «Vorrà dire che io mi tengo gli elettori e loro i progetti!» La sicurezza psicologica giunge a Berlusconi non certo perché abbia idea del bene comune, ma perché ipnotizza la massa degli ingenui e analfabeti sociopolitici a cui rivolge il suo verbum. Non ci credete? Lo dice lui stesso: «Ho un complesso di superiorità che devo tenere a freno.» Per far perdere la bussola a Berlusconi (col rischio di essere distrutti… perché ha esperti comunicatori al suo servizio proprio per imbrogliare mediante i media) e metterlo all’angolo, il nuovo Pd, lo stesso Veltroni e il duo Casini-Fini, l’hanno reso un «re vestito solo di banconote». La Cdl è finita perché per il Cavaliere, lo dice il ministro di FI del suo primo governo Stefano Podestà, «il principio è uno solo: qui comando io». A chi non l’ha capito, lo ripetiamo: Berlusconi non è né sarà mai un politico, poiché si serve della politica per due motivi: salvaguardare il suo patrimonio economico e/o aumentarlo, tacitare il vuoto e la solitudine interiore con le smargiassate e le aspirazioni assolutistiche che dice di avviare «per amore del popolo». E’ ciò che affermano tutti i dittatori; ma non lo amano, lo utilizzano.
L’Italia non ha necessità di politici «attori». E’ opportuno ricordarlo per vigilare e capire.