Q.I. dei sordi
Io mi arrabbio con la comunità udente e gli stessi sordi quando non apprezzano il Silenzio, lo respingono senza conoscerne la profondità, quel che può loro donare. Alcuni studiosi hanno dimostrato, attraverso campioni di controllo che gli udenti col Q.I. (Quoziente d’Intelligenza) media esposti alla lingua dei segni (LdS) avvicinano per capacità di apprendimento, soluzioni di problemi e creatività il gruppo composto di soggetti udenti con Q.I. elevato non segnante, vale a dire ignoti della lingua dei segni. I sordi segnanti avvicinano di parecchio i coetanei udenti non segnanti; infine i sordi non segnanti di Q.I. media sono inferiori, nei processi di apprendimento, rispetto i sordi segnanti. La conclusione dei ricercatori (cfr. Renato Pigliacampo, Parole nel movimento. Psicolinguistica del sordo. Armando, Roma 2007) è che, segnando, diventi «più bravo», «comprendi meglio», si spalanca una finestra nei processi percettivi sia per l’udente sia per le necessità di apprendimento di chi non ode.
Mi accorgo che la comunità scientifica ha scoperto (ma effettivamene l’ha studiato?) tardi il mondo dei processi linguistici e psicocognitivi del sordo. La realtà di come il sordo elabora l’apprendimento, utilizzi la lingua dei segni (se alla stessa è stato esposto) è molto complesso, sottolineo molto. In Italia non si capirà mai le potenzialità intellettive e artistiche dei sordi se non verrà studiata anche la storia dell’educazione di questo «popolo del Silenzio»; se non si porterà l’attenzione sulle sofferenze dei sordi, la soggezione agli udenti allorché obbligati ad apprenderne la lingua esclusivamente verbale, seguirne la didattica a scuola, utilizzando stesse strumentazioni e strutture.
Sempre sono stati respinti i sordi, o usati secondo il volere della maggioranza. Ragazze bellissime, nella sensualità di corpi e volto, sospinte dalle famiglie a frequentare gli udenti, dando l’ostracismo ai simili perché le madri potessero dire «Mia figlia è normale, sta con un udente!». Ma nella realtà ragazze-manichino, passive nell’interrelazione col proprio accompagnatore e/o nel gruppo; poi scaricate per mancanza di cultura, di proporsi nelle esigenze differenti.
In ogni dove la mia bandiera è stata elevata indicando questi pericoli: nei convegni scolastici e d’integrazione, negli incontri dei partiti, nelle Istituzioni di ogni genere. Ho detto, e sempre dirò sino a quando avrò vita: «La sordità sensoriale si vince con la cultura, con la capacità d’imporre alla comunità di maggioranza la specificità del nostro essere: e nel momento in cui comprenderemo gli altri perché compresi nella nostra diversità, trasmetteremo il messaggio di crescita alla società, integrandoci.»
Henry Laborit ha dimostrato che un’inibizione prolungata genera una forma di squilibrio psichico. Laborit è il nonno di Emanuelle, sorda, attrice francese, ha scritto l’autografia di successo Il grido del gabbiano (Mondadori). Il filosofo e biologo Henry Laborit, propro osservando sistematicamente la nipotina nella serenità di comunicare a segni con i simili nel centro sociale frequentato da bambini non udenti, ritenne che l’obiettivo di ciascuno è star bene nella propria pelle, essere se stessi. Fondò la nuova scienza, l’eutonologia. Una ‘fotografia’ della proposta, dei significati la troviamo nell’opera Elogio della fuga (Mondadori). Scrive: «Quando non può lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità: l’andatura di cappa che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela. La fuga è spesso, quando si è lontani dalla costa, il solo modo di salvare barca ed equipaggio. E in più permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all’orizzonte dalle acque ritornate calme. Rive sconosciute che saranno per sempre ignorate da coloro che hanno l’illusoria fortuna di poter seguire la rotta dei carghi e delle petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione. Forse conoscere quella barca che si chiama desiderio.» Il desiderio cioè di esprimere le proprie potenzialità, nel nostro caso del Silenzio. Se non riusciamo ad essere noi stessi, stimolare il desiderio di scoprire l’altra riva, il nuovo orizzonte con la particolarità del nostro essere, mai saremo normali nella cosiddetta (o presunta?) normalità.