Elegia per un amore
Scrivo parole semplici, chiare
perché tu capisca quest’amore.
Sulla spiaggia del mio Adriatico
le onde bagnano i miei piedi.
Rivedo le tue eburnee mani segnanti.
Timido ti domandavo «M’insegni?
Che vuoi dirmi col segno?».
Maliziosa di me ridevi.
Prendevi le mie mani e
portandole nell’esatto spazio del corpo
esaudivi il mio comunicare.
Il mio bene su di te investiva.
Ora sono solo infelice perso.
Oh quanto ti ho amato!
Dov’è il sogno d’amore?
Dov’è la fossetta del mento?
Mai più li esprimerò segnando.
Sono passato come uragano
nell’aurora della tua vita.
Quest’amore è giogo e condanna.
Arduo riprendere la lotta
per gli amici silenti.
Non scriverò più sulle ingiustizie
perché la più grande ingiuria
è compiuta su di me
nel non poterti amare.
(So che non mi hai lasciato.
L’avverso destino ci ha ferito.
La moralità che governa la mia vita
non può nasconderti che sono uomo legato
ad una promessa consacrata)
da Renato Pigliacampo, Ascolta il mio silenzio, Edizioni Cantagalli, Siena 1999.