La sordità imbarazza l’udente
Quando un sordo si trova a parlare con un udente, che non conosce le modalità di comunicazione con chi ha problemi di udito, finisce sempre per spazientirlo, oppure quello sfocia nell’ironia. Azione che genera inquietudine e disagio psicologico. La sordità perciò: o fa innervosire o fa ridere! Spesso mi è capitato che qualcuno mi chiedesse un’informazione di una via, dell’orario di partenza o di arrivo di un bus o altro. Restato io dapprima confuso, appeso alle prime parole labiolette, per poi entrambi guardarci straniati, sino a quando il richiedente sbotta con l’immancabile domanda: «Lei è straniero?».
La sordità è imbarazzante sia per chi è costretto a conviverci sia per coloro che la subiscono. Perché è invisibile. Perciò è perdente, sempre sconfitta rispetto le altre “evidenti” disabilità. La sordità deve essere spiegata. Ho detto «spiegata». Perché è maestra per affrontare molte questioni di vita. Poi è cultura. Se oggi la maggioranza della gente è ignorante sulla sordità - e ciò che da essa proviene - la responsabilità è da attribuire anche ai noi sordi. Non siamo abbastanza decisi e preparati a «tenere lezioni sul Silenzio».
Nella mia professione di psicologo, in una struttura pubblica, per alcuni anni ho sofferto l’emarginazione del dialogo scientifico-professionale con i colleghi nelle riunioni settimanali di programmazione del lavoro nel territorio o portare a soluzione un caso. Mi accorgevo che la mia cultura e preparazione professionale. lo studio dell’evento considerato, l’intuizione di risolverlo andava spesso sperso perché intervenivo nel momento sbagliato, non riuscivo ad «entrare nel cuore del problema» per analizzare (anche) i pareri dei colleghi. La riunione dell’équiepe multidisciplinare si rivelava per me un tormento (…); anzi, talvolta finivo fuori tema così da essere ripreso da un collega «questo che c’entra col problema esaminato?».