Lo sviluppo del linguaggio
La professione di psicologo in una struttura pubblica mi ha permesso di capire che i professionisti della psiche e del soma hanno l’obiettivo (e come dar loro torto?) di sanizzare l’individuo secondo uno standard che ricada in una norma. Allo stesso modo di quando si eseguono le analisi del sangue per sapere se i nostri apparati corporei sballano. Se i dati ricadono tra x e y stiamo bene, siamo nella norma, non c’è necessità di approfondire le ricerche diagnostiche. Ovviamente i dati ricadenti nella normativa sono stati ricavati da un tot di ricerche sistematiche su individui secondo l’età e il sesso. Nel mondo dei sordi si paragonano i dati dello sviluppo psicocognitivo e linguistico sui coetanei udenti normodotati. Volterra e altri studiosi dello sviluppo del linguaggio dei sordi hanno dismostrato che se esposti alla lingua dei segni da sempre alla fine del primo anno di vita la quantità dei segni prodotti dal bambino sordo equivale alla quantità delle parole emesse dal bambino udente. La differenza è nella modalità di emissione: l’uno utilizza la modalità visuomanuale l’altro la acustico-verbale. Gli psicologi tuttavia non hanno inteso ragionare e riflettere sulla «quantità» dei codici espressi ma sulla «qualità» che, a loro giudizio, rientrava nella norma/normalità solo quella del bambino udente. La ricerca finiva qui: pochissimi si sono spinti ad analizzare i processi percettivi della produzione del lessema visivo-manuale. I sordi segnanti sanno bene che la maggior parte dei loro interlocutori udenti non li capiscono quando comunicano esperienze e concetti; fingono, allo stesso modo di loro quando sono indotti a labioleggere un apparato labiobuccale ‘impossibile’ per natura o per ignoranza di articolazione del soggetto che hanno di fronte. Il sordo - pensatela come volete ma è così! - è vittima della comunicazione della società di maggioranza; perciò dall’ignoranza e menefreghismo di una società informatissima dai media il sordo è messo fuori gioco nel diritto all’informazione. Siamo nel 2007 e ancora l’ente radiotelevisivo dello Stato trova difficoltà ad assegnare ai professionisti sordi d’informazione i loro dipartimenti e strutture per dirgli «Fatevi il vostro telegiornale a segni e con i sottotitoli». Invece le notizie sono riprese e tradotte dalle interpreti dai telegiornali strutturati nella forma mentis di giornalisti udenti per telespettatori (udenti). Ciò induce a pensare che i sordi non sono considerati, e tutti credono a quel che dicono gli otochirurghi impiantisti «i sordi non ci sono», o il loro ‘peso’ culturale e politico-associativo è debole sulle strutture pubblcihe e/o istituzionali.