Conoscere per risolvere le tematiche
Gente di studio, profuma di laurea con lode e ha il dottorato di ricerca, ma non sa nulla del mondo percettivo visivo del sordo. Essendo ignorante la maggior parte di questi professionisti che opera nell’ASL tenta di modellare i sordi secondo le proprie teorie. Ora va di moda gli slogan di una marca di protesi acustiche che, dagli schermi televisivi, ovviamente con frasi verbali ad effetto per gli udenti (!) e mai con didascalie per i sordi (potenziali utenti) è affermato che «nessuno è sordo». Fa eco un’altra marca concorrente «il nostro orecchio bionico vince la sordità». I genitori, i nuovi professionisti stipendiati dall’ASL, fremono a queste parole perché confermano la via della normalità. Per ora non gradiscono la presenza di vecchi retaggi pedagogici sui «gesti dei sordomuti». L’obiettivo è l’integrazione ad ogni costo. Medici o psicologi comandano settori specifici per il «recupero riabilitativo e psicologico» dei disabili sensoriali del territorio. I docenti che operano nelle scuole sono catechizzati sul come agire. Ovviamente si propaganda il parlare con i sordi, parlare! Ci sono riunioni nelle scuole in cui, novelli seguaci di Mons. Giulio Tarra, riprendono alla lettera il suo «insegnare la parola con la parola». A parlare in questi incontri sono sempre gli udenti: e sono presuntuosi perché, avendo le orecchie aperte, credono che lo sia anche il loro cervello! La mia esperienza professionale, quale psicologo di una ASL, mi ha portato ad aspre divergenze con taluni colleghi che vedevano i sordi dal loro punto di vista di udenti, scorgendo la sordità come svantaggio che impediva la dirigenza di strutture e reparti “come gli udenti”. Proprio nella mia ASL ci fu un caso di esclusione di una sorda nella frequenza di un corso di operatore sanitario alludendo, il direttore del corso, che l’handicap le impediva di svolgere le mansioni proprie… I giudici del TAR, a cui si rivolse la giovane, le dettero ragione ammettendo che aveva tutti i requisiti per la professione sanitaria, tanto è vero che divenne indispensabile nei reparti degli anziani afasici riuscendo a capire le le loro richieste grazie alla labiolettura, impossibile per le colleghe udenti.
Tuttavia la questione della comunicazione dei sordi nelle strutture delle istituzini pubbliche è ancora irrisolta. Io ne ho sofferto molto. Poi con la mia grinta, talvolta con la mia simpatia sono riuscito a prevalere e ad avere, durante le riunioni, personale specializzato esterno per capire bene i colleghi per l’impostazione dei programmi d’intervento. A poco a poco l’apertura verso la persona sorda nella mia ASL è avvenuta quasi nel momento in cui stavo avviandomi alla quiescenza. Ho provato dispiacere lasciare i colleghi psicologi proprio perché ormai ci capivamo nelle capacità culturali, professionali e linguistiche, riuscendo a trasmettergli un “mondo di Silenzio” che non era handicap ma doviziosità dove, io e loro, ci arricchivamo.