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I miei giorni accompagnano i tuoi sorrisi
le lacrime l’abbandono
i segni i sussurri.
Le notti cancellano i colloqui
per l’impossibile labiolettura e
navigano col pensiero ai porti
delle mie peripezie e
accanto a mia madre mi ritrovo
al cèrbero direttore di collegio
ai ragazzi sordomuti di Roma
a questa contrada sul mare
che scioglie il pianto di poeta
di frontiera.
Di me non sanno (perché non vivono)
questo giogo che mi porto col sorriso
questa voglia di vita che mi seduce
e condanna.
Non consumare per me parole.
Mi basta sperare da solo.
Però è diffcile credere
in chi procede da cent’anni
con gli orecchi otturati.
da Renato Pigliacampo, Radice dei giorni, Forum/Quinta Generazione, Forlì 1986.