Archive for Luglio, 2013

Mai piegare la testa per una vita a metà

Martedì, Luglio 23rd, 2013

 

Non ci rendiamo conto delle difficoltà incontrate da un bambino sordo o ipoacusico nello apprendere la lingua italiana (nel nostro caso) scritta, anche perché gli insegnanti non hanno sperimentato, nel corso dell’età evolutiva, i processi psicocognitivi e psicolinguistici della lingua visuomanuale, senza l’apporto dell’udito che, appunto, è lingua appresa negli scambi duali o di gruppo con i pari e gli adulti. Ecco che i tanti cosiddetti esperti di conoscere il mondo percettivo dei sordi dicono: «E’ sufficiente che il sordo sia inserito nella classe dei coetanei normali (!) perché avvenga lo stimolo della comunicazione in comune

E’ un’affermazione disattenta ai bisogni percettivi del bambino e, nello stesso tempo, è dato l’ostracismo alla possibile polisensorialità diversificata per accedere a una via differente di percezione che non sia quella dozzinale della labiolettura o lo sforzo di ricreare parole udite in modo confuso o spezzoni di frasi.

Se il sordo non ha una buona istruzione e/o capacità dell’utilizzo della lingua scritta del proprio paese, finirà per essere emarginato in un cantuccio della società con danni maggiori della stessa sordità per il fatto che, se il soggetto non comprende il contenuto di quel che legge, alla fine abbindolerà se stesso e chi gli è a fianco, avallando contenuti incomprensibili alla mente.

Il Sac. Luigi Vischi, precettore di Giacomo Carbonieri, psicologo antesignano dei sordi del secolo XVIII, affermò che la Cultura è, per il sordo, il latte della vita. Oggi dubitiamo che, questo metaforico latte, possa essere sorbito dal sordo dalle poppe della comunità del Sapere. Se non imparerà a sfuggire ai tanti Burattinai che albergano nella sua esistenza, confondendolo con un ipotetico «aiuto», raramente dimostrato con titoli professionali e accademici, ricerche e letture di buoni libri; e di solito ci troviamo davanti a gente che recita una commedia incitante sordi e/o udenti tra i quali c’è sempre qualcuno o più di uno addestrato apposta per plaudire il potere, allo scopo che i Burattinai continuino a tirar vantaggio. Bisogna prendere atto di ciò per coinvolgere le Autorità. Se tacciamo getteremo nel letamaio la dignità, rendendo vano lo sforzo di tanti di noi che hanno dedicato la loro giovinezza negli studi accademici e nelle professioni d’alto contenuto sociale e professionale. Se il sordo d’oggi si accontenta di vivere alla giornata, gregario dei prepotenti siano loro udenti o sordi, allora è brutto piegare la testa, e dire a gran voce che è vita a metà!

 

 

LA QUESTIONE DELLA LIS: LINGUA DEI SEGNI ITALIANA

Lunedì, Luglio 15th, 2013

 

 

C’è un gruppo di sordi italiani che auspicano, come è avvenuto in molti paesi dell’EU, che la LIS nominata lingua  dei segni italiana sia riconosciuta per legge dal proprio Governo. Ormai sono decenni che ci si accapiglia, faccio per dire, sulla LIS. Ogni nuova legislatura ‘partorisce’ un quantità di parlamentari – di tutti  i partiti – che propone una legge per il riconoscimento della LIS.

 

Ricordiamo che, nel periodo della  presidenza dell’ENS di Ida Collu, il Senato, nella primavera del 2009, approvò la proponente legge, bocciata poi in seconda lettura dalla VII  Commissione Cultura e Istruzione della Camera dei Deputati, rinviandola a sine die.

 

Eccoci che alcuni deputati della presente legislatura intendono riproporla, dopo le solite  diatribe sui giornali e i massmedia, sulla “marcia” dei sordi partiti da Parigi e giunti a  Milano per attirare l’attenzione della gente!

 

Alcuni cartelli, come  ricorderete, un anno fa erano alzati dai sordi e ipoacusici in un sit-In  a piazza Monte Citorio, a Roma, sui quali scritto LIS SUBITO. Tale presa  di posizione ha  allarmato coloro che la combattono letteralmente, in primis alcune associazioni regionali di famiglie di sordi e/o ipoacusici federate  alla FIADDA. Di solito è il vecchio pregiudizio, non rimosso, di taluni operatori riferendomi ai logopedisti e foniatri, ai docenti dei sordi cosiddetti «oralisti» che,  esporre i sordi alla LIS, si comprometterà lo sviluppo (verbale) del linguaggio. Perciò il pregiudizio iniziato col famoso Congresso  mondiale  del 1880 di Milano, per far prevale l’oralismo, ritorna ancora più prepotente, adducendo qualcuno  dire «vogliono  ributtare i sordi nel medioevo», o «sono fautori delle scuole  speciali» e  così via.

 

Chi pensa così sa d’essere in malafede. Dice questo perché è incapace, per cultura e professionalità didattica, di rispondere alle necessità d’insegnamento specializzato per i sordi e gli ipoacusici.

 

Qualcuno diceva – e  ancora ammette – che dietro la volontà di approvare la LIS c’è un gruppo di lobbisti. Attenzione: qui dobbiamo molto scavare perché si ricollega all’incapacità dello Stato di programmare sui bisogni scolastici dei sordi e degli ipoacusici: e pure sui servizi territoriali perché il D.P.R. del 31 marzo 1979 (cfr G.U. 9.5.1979, n. 125) è stato recepito a metà dalle regioni a cui erano delegati i compiti.

 

E proprio facendosi forte di questa delega non attuata, almeno in parecchie  regioni italiane (ogni regione agisce in modo differente verso i sordi con le proprie leggi regionali): ne sortisce un guazzabuglio inestricabile, in particolare nel rispondere alle necessità di superare le «barriere di comunicazione». Perché c’è gente che interpreta, tale indispensabile necessità dei sordi,  per soddisfare il pro domo mea (!).

 

Non vogliamo generare nuove diatribe. Finirebbero per nuocere i protagonisti e la professionalità di chi ha i titoli.  Queste ipotesi sono state apparenti, sebbene non dette esplicitamente, l’1 luglio 2013 nella sala “Mappamondo” della Camera dei Deputati dove, il citato Gruppo promotore LIS Subito, ha invitato studiosi per dibattere sulla legge pro LIS.  Erano presenti persone qualificatissime, di cui non è necessario indicarne il curriculum. Dico dell’ex-ministro dell’Istruzione, prof. Tullio De Mauro, Virginia Volterra, Maria Cristina Caselli, Ersilia Bosco e il presidente dell’associazione ANIOS degli interpreti in Italia, Cardarelli, Parlamentari e studiosi della LIS sia del settore teorico che  d’insegnamento pratico. La promotrice di LIS Subito, Gulli,  e Radio Kaos ItaLIS, che ha  sostenuto l’incontro, hanno indotto a riflettere sulla tematica perché, in Italia, è  così tanto difficile far approvare una legge sulla LIS.  Nessuno obbliga i genitori, che la rifiutano per i propri figli, ad apprenderla o i propri figli a frequentare i «segnanti».

 

I pregiudizi non devono albergare in una mente tesa a conoscere. Siamo nati avendo una tabula rasa e  perciò chiamati a divenire mente in progress. E  perciò bisogna  ascoltare chi ha studiato la tematica.

 

Ecco parlare di LIS il prof. Tullio De  Mauro, il più importante linguista vivente italiano, adducendo che la LIS ha tutti i requisiti per essere valido mezzo di interrelazione, confermando quanto afferma lo psicolinguista Noam Chomsky, il massimo studioso mondiale d’oggi: «la lingua dei segni ha  tutto ciò che ha la lingua orale, in modo diverso».

 

E’ proprio questa modus percettivo diversificato che affascina la ricerca sia di taluni sordi che udenti.  (cfr Renato Pigliacampo «I neuroni specchio e il protolinguaggio visivo-manuale» in Annuali della Facoltà di Scienze della Formazione, 2, 2006, Università di Macerata, edizione Eum, 2008). La LIS tuttavia va insegnata, ai soggetti udenti in età evolutiva da persone qualificate, con conoscenze universitarie psicologiche, linguistiche, pedagogiche e neurologiche.

 

Un’esperienza d’insegnamento della LIS ad udenti nel territorio di Macerata, proposto da una docente nelle scuole di ogni ordine  e grado, ha permesso di conoscere quanto utile sia la lingua dei segni  per gli scolari o studenti udenti nell’approfondire la conoscenza della «parola» perché permette d’aprire letteralmente una  finestra sulla percezione visuomanuale del codice verbale.

 

In seguito hanno capito, questi scolari e studenti, che si può comunicare  con i sordi, coinvolgendoli in esperienze relazionali  utilizzando il canale visivo-motorio. Tutto ciò, come è facilmente intuibile, la LIS  non va  appresa in modo meccanicistico o nell’azione psittacistica come succede spesso, imitando ciò che  succede  per la lingua verbale. Questo induce  a studiare la psicologia dei processi mentali, la neurologia, i processi empatici, il comportamentismo e, ovviamente, insegnata ai bambini, la  psicologia  dell’età evolutiva.

 

 

 

IL POTERE ASTUTO, LE “SETTE SORELLE” E LE RIFORME MANCATE

Martedì, Luglio 9th, 2013

Il potere astuto, i protagonisti e l’attesa di cambiamento

Edward Snowden è un tecnico informatico che lavora alla Snowden Security Agency. Egli ha  dimostrato che, milioni di americani, sono controllati dal governo.  E’ UNA  «spia, una «talpa» come si dice in gergo. Tanto  è  vero che il presidente Obama è stato costretto a dichiarare al popolo americano: «Cari cittadini, non  si può avere il 100% di sicurezza e altrettanto di privacy». A parte la Security che va interpretata nel senso che le Autorità, il Potere,  è chiamato a  conoscere in anticipo, spiandoli,  i potenziali nemici dello Stato.

È una premessa necessaria per far riflettere sulle «sette sorelle», delle quali vi dico più avanti.
Qualcuno si chiederà:  e chi sono costoro? Le «sette sorelle»  erano chiamate proprio così. Ciascuna di esse svolgeva una  funzione nella specificità degli interventi  sui propri soci disabili. Erano associazioni  di categoria  forti, determinate.  Tanto è vero che, pur essendo “associazioni”, giuridicamente  erano  “enti parastatali”.  Di fatto ogni categoria ha i propri riferimenti politici.  E  sino alla riforma col D.P.R. 31 marzo 1979, e successivi interventi, ciascuna delle Sette Sorelle rispondeva allo Stato, ossia al Governo pro tempore.  Era “ente parastatale”, con i propri bilanci preventivi, consuntivi  e i revisori dei conti eccetera.
Generazioni di Disabili,  a  seconda  della  tipologia dell’handicap, hanno sperimentato l’assistenza  e  il conformismo di una delle sette sorelle.  Col DPR del 31 marzo 1979, lo Stato ha trasferito il personale e gli interventi specifici alle Regioni. Qualche dirigente lungimirante, presente ovviamente al vertice degli  indicati enti parastatali, intuì  che  - le Regioni (o alcune di esse) – non avrebbero mai fornito i servizi specializzati ai  propri ‘assistiti’.  E allora, con abilità, si sono lasciate “residui di assistenza”, non tanto economica, ma  specifica  per la  persona. Il personale qualificato,  preparato e professionale dell’ente storico  che taluni politici  avevano considerato  «enti inutili»  da sopprimere (sic),  ormai  era stato trasferito  agli  enti locali o alle regioni. E allora  che fare  se non che assumere  nuovo  personale  più o meno qualificato , spesso senza titoli professionali ?
I compiti  (da svolgere) erano evidenti nei nuovi Statuti che, le  Sette Sorelle, si erano date. C’era sempre un quid (un qualcosa) che lo Stato era incapace di gestire nelle proprie strutture.  Per esempio nell’associazione dei sordi più importante, l’ENS , rimaneva il compito di intervento a favore  dei sordi, ossia per il servizio di interpretariato e la formazione  degli operatori per tali servizi e parecchio ancora: interventi in ambito scolastico, parascolastico e del tempo libero.
I vecchi, si fa per dire, dipendenti  delle associazioni-parastatali venivano, con appositi Decreti, trasferiti alle Regioni e agli EE.LL. e utilizzati secondo le loro qualifiche  di provenienza e i titoli professionali. Molti  di loro si trovarono a svolgere attività differente della precedente,  per il fatto che, prima, si rivolgevano ad una utenza sorda, ora il servizio   era per tutti i cittadini. E i servizi per la popolazione sorda?  Le Regioni iniziarono a  legiferare  secondo le pressioni e le clientele locali. Le leggi regionali non erano né sono omogenee. Ciò che  hanno i sordi (nel nostro caso) della  regione X non l’hanno quelli  della  regione Y. Ci sono regioni che hanno creato i “servizi” ad hoc, altre li hanno  delegati direttamente all’ente  di categoria, altre si sono affidate a cooperative più o meno discutibili. In questa realtà diversa e parecchio confusa a livello di risorse da utilizzare  (fornite dalle regioni, talvolta dai grandi comuni nel territorio), ma  anche e soprattutto dalle province, sono sorti diversi  problemi, mentre i “vecchi dipendenti” di ciascuna delle sette Sorelle, passati alle dipendenze regionali o comunali , andavano in quiescenza.  E in ogni dove la formazione non veniva rinnovata e, se avveniva, era  compiuta celermente, con scarsa qualità  e  attenzione del possesso di titoli.
Le Sette Sorelle hanno ritenuto opportuno riunirsi  allora nella  F.a.n.d. (Federazione  delle   associazioni nazionali dei disabili) per gestire meglio – e  premere sul Governo – le esigenze  specifiche di ciascuna categoria rappresentata.
Lo  Statuto di ciascuna delle Sette Sorelle è approvato dai delegati inviati al Congresso dalle rispettive sezioni, vale  a dire salvaguardando i “residui dei servizi”  datisi  nei propri Statuti che né Regione né Enti Locali sono in grado assolvere. E ad ogni Congresso i delegati sostenevano alcuni punti (espressi negli articoli dello Statuto) di ciascuna categoria per avere quei servizi  che  lo Stato non sa assolvere nelle proprie  strutture, in cambio di  contributi, un tot annuale che, il ministero di vigilanza,  elargisce all’associazione:  un tirare a campare, un vivere per sbarcare il lunario (…).
È opportuno, a mio parere, che sia completata la Riforma considerando la  specificità dei servizi con disposizione precise di interventi che, il governo, dovrebbe stabilire attraverso un D.P.R. , in cui sia disposto  che, la formazione, per tali utenti specifici,  sia delegata  ad apposite  Scuole  di Formazione  indicando discipline  e programmi appropriati. Qualcuno ha pensato all’istituzione, in tutti i comuni con più di 5mila abitanti, di “assistenti sociali specializzati”  in seno ai servizi sociali. La formazione specifica dei servizi per i protagonisti fa sì che, iscriversi o no, alla “categoria” non sarà più considerata come   costruzione per avere un appoggio, più o meno utile, degli esponenti – più o meno capaci – lì  disponibili per i soci. Sarà una scelta dettata dall’unione di esperienze e di fini per un comune obiettivo, cestinando astute persone che, da quando è mondo, spesso convivono con i disabili per abbreviare la carriera, per non sottoporsi a giudizio con  altri concorrenti.

 

 
Fand

D.P.R. 31 marzo 1979