Archive for Gennaio, 2012

Il sordo diventi cosciente del proprio ruolo sociale

Domenica, Gennaio 29th, 2012

Itinerario di Silenzio (10.07.1972) Il sordo sarà tanto maggiormente educato quanto più prende conoscenza del suo stato di disabile d’udito. Invece, nei nostri istituti, sin dai primi anni d’inserimento si nasconde la realtà, il prendere coscienza di sé, e, una volta lo studente ottenuto il «pezzo di carta», che quasi mai corrisponde al valore culturale e professionale, si trova infelice e spaesato nella società degli udenti. Per educare i giovani sordi bisogna parlargli, affermando la verità sulla propria condizione. Invece nei nostri istituti si mente. Ai giovani sordi bisogna insegnare la vita così come è, e non nascondere la dura realtà che dovranno affrontare una volta fuori, in quell’egoistico comportamento di tutorato degli assistenti delle sezioni territoriali. Se vogliamo che i sordi diventino veri uomini dobbiamo trattarli da “uomini coscienti“, e non circondarli d’infantilismo pidocchioso, che ha il fine di tenere i sordi buoni buoni, d’essere usati - da parte di taluni udenti che li circondano - quali mezzi per i propri comodi, che sono l’ottenimento di miliardi dallo Stato, che solo una minima parte va a finire nelle tasche dei sordi, intendendo per la loro educazione, per la promozione sociale e l’assistenza economica.

Riflessioni sulla sordità

Giovedì, Gennaio 26th, 2012

L’8 maggio 1980, 32 anni fa, Renato Pigliacampo scriveva nel suo Itinerario di Silenzio:

   

La sordità è un gravissimo handicap che annulla o discrimina il rapporto sociale con i membri della comunità udente, oppure la altera. Cosicché questa menomazione sensoriale, presente nell’individuo, devia o modifica i processi dello sviluppo psichico, in rapporto allo standard di vita della comunità sonora. Inoltre la persona sorda mette a soqquadro le istituzioni nelle loro tradizioni, schemi prefissati, nei rapporti gerarchici, eccetera.

Ancora nella realtà di quanto accade attorno al sordo, egli non sembra soggetto passivo, intendo dire che non subisce l’altrui influenza nelle scelte. Come spesso accade ad altri disabili. Il sordo è una persona che partecipa o pretende di partecipare: è individuo attivo nella comunità. Ma il suo aderire in essa è culturalmente diverso, originale. Per questo spesso non è capito. E’ generoso quando non è richiesto esserlo; astioso quando tutti scherzano e ridono; avaro quando gli altri donano. Tutto ciò “dice“ un fatto essenziale: il sordo non sperimenta il condizionamento dei media. Mai non ne è dominato. Nella propria sfortuna esistenziale di vivere la disabilità resta libero: persona che “cresce“ e “cala“ secondo le proprie capacità e virtù. Egli resta padrone del proprio mondoSe questo lo privilegia da una parte, dall’altra si rivela una tortura perché la società - questa società degli anni ‘80 - è a misura  di un individuo con sanità d’udito. Chi non sente o non parla bene è tagliato fuori senza rimedio e possibilità d’appello. Ecco allora che vanificano le ricchezze in  una forma di tensione, direi nevrosi, verso una società vile ed egoista che, per lui, non fa niente.  E quanto analizzato sopra ci convince che non amiamo il sordo (o non lo vogliamo comprendere) e, probabilmente, non lo capiremo mai. Perché non lo amiamo o perché, quando lo accostiamo, lo facciamo con la presunzione di imporgli il nostro punto di vista, il nostro modo d’essere udenti! Per esempio: la lingua verbale, l’ideologia, la religione, l’hobby, l’idioma locale e così via. Lo “vediamo“ e “sentiamo“ solo come persona da strumentalizzare,  raramente da aiutare con idonee strutture e personale specializzato nella comunicazione per una condivisibile serena esistenza coi cosiddetti ‘normali’. Perciò succede che il sordo fugga da questa società acustico-sonora per vivere coi simili. Con essi si rilassa nella lingua dei segni. Sa che sperimentano il suo stesso modo di percepire il mondo; e questo lo fa contento, libero. Libertà tutta sua e, nello stesso tempo, degli altri uguali. Ecco che egli non deve integrarsi in una comunità che si dichiara normale, è  quest’ultima che deve inserirsi nella comunità dei disabili d’udito e parola. In conclusione potranno essere riconsiderati significati come inserire, socializzare, scegliere, sapere, conoscere, lavorare, studiare, comunicare, per il fatto che saremo di fronte alla  “scelta“ drastica d’amare uno che non può essere come tu sei, che hai sempre visto dall’alto in basso, o dall’altra parte del fosso, e gli getti un aiuto perché venga da te solo quando ti fa comodo per quietare i rimorsi o gli irrazionali impulsi di solidarietà.      

LINGUA dei SEGNI ITALIANA

Domenica, Gennaio 22nd, 2012

 (dal Nuovo dizionario dlla disailità, dell’handicap e della riabilitazione di Renato Pigliacampo, Armando, Roma 2009, riprendiamo la “voce”:

Il  sordo di nascita “segna”, cioè esprime coi segni manuali ciò che pensa e desidera da…sempre. Se dovessimo scrivere la  “storia del sordo” dobbiamo principalmente scrivere la storia della lingua dei segni del suo Paese. Purtuttavia, LdS, è sempre stata scarsamente valutata sia da presunti esperti dell’educazione dei sordi che dalle famiglie, le quali hanno sempre convissuto con l’ansia che, se il figlio non fosse stato capace di “apprendere a parlare” (inteso nella capacità di districarsi coi codici vocali), non sarebbe stato ma stato considerato normale.
Storia. Il primo studioso e linguista a valutare la LdS è stato il prof. William Stokoe (1960) che, chiamato ad insegnare nella famosa  “Gallaudet University” per sordi, fu dapprima stupito e poi incuriosito dalla “lingua espressa con le mani”. Con l’aiuto di collaboratori del Gallaudet College sperimentò due gruppi: soggetti-udenti parlanti e soggetti-sordi segnanti (1975) dimostrando che il segnare è altrettanto efficace del parlare; anzi spesso segnare rivela maggiore efficienza nell’informazione referenziale. Occorre ricordare in ogni caso che già l’Abbé de l’Epée, nell’Istituto Nazionale per Sordomuti di Parigi, aveva dato grande valore al linguaggio dei gesti  (com’era indicato). La fama dei ragazzi sordomuti istruiti coi “gesti” varcò addirittura l’Oceano, tanto che il filantropo Thomas Hopkins Gallaudet, decise di venire in Europa e visitare la scuola di Parigi, diretta ora dal discepolo di l’Epée, Sicard. L’americano ne fu entusiasta. Riuscì a convincere un giovane sordo, Clerc, a, seguirlo in America per insegnarvi i segni. Dopo questo periodo pionieristico, ci fu un black-out, culminato col famoso congresso di Milano del 1880, che ribadiva l’educazione dei sordomuti attraverso il “metodo orale puro” (sic!). Per quanto riguarda Stokoe,   le successive ricerche misero in risalto che la sua intuizione linguistica sulla LdS era veritiera: la LdS si proponeva lingua vera e propria, con la sua grammatica, l’etimologia, la semantica, eccetera. Inoltre il linguista dell’Università per sordi aveva individuato tre parametri fondamentali: il luogo; la configurazione; il movimento. Gli anni Sessanta furono caratterizzati dall’impostazione teorica; gli anni Settanta dalla valutazione dell’intrinsecità di questa lingua, che aveva doviziosità d’espressione nelle sfumature dei movimenti o nell’espressività; gli anni Ottanta iniziarono con studi e ricerche comparative tra la LdS e la lingua vocale, attirando l’attenzione di insigni linguisti quali Chomsky e altri, e vari convegni internazionali promossero la LdS allo status di lingua allo stesso livello delle lingue orali.  Alcuni Paesi europei, e States americani, legiferarono per riconoscerla alla stregua di altre lingue cosiddette minoritarie, utilizzate cioè da comunità ristrette.
Luoghi della LdS. I segni non vanno fatti a caso, cioè hanno riferimenti precisi nello spazio (luoghi in cui si segna). L’area nella quale si segna è chiama spazio segnico: si estende dall’estremità del capo alla vita e da una spalla all’altra.. Nel segnare hanno importanza fondamentale l’espressione facciale, la posizione del capo e del tronco, perciò non dovrebbero mai essere offuscati (coperti) segnando. Solo qualche segno, per esempio il segno Africa, copre - eseguendo il movimento - il volto. In alcune LdS, nell’ASL (American Sign Language) i luoghi segnici individuati sono 12; il BSL (British Sign Language) ha adottato 23  “sedi”. La LIS (Lingua dei Segni Italiana) ha “trovato” 15 luoghi. Sono i seguenti: spazio neutro (i segni sono eseguiti di fronte al corpo di chi segna. Segni quali chiave, bambino, montagna); spazio facciale (i segni eseguiti su tutta l’area della faccia sono rari. Segni: Africa, sbagliare, nebbia); spazio superiore e lato del capo, tempia e fronte (è una zona molta vasta, serve per planare molti segni, tra cui vescovo, diavolo, difficile, sognare, somaro); spazio occhio (interessa l’occhio e l’area attorno allo stesso: vedere, binocolo…); spazio naso (è la zona del naso. Segni: avvocato, cattivo); spazio guancia ( riferimento ala parte della guancia: papà, cresima, donna); spazio orecchio (area dell’orecchio e circostante:  ciliegia, sentire, capire); spazio bocca (zona delle labbra e area adiacente:  mangiare, offesa, rosso); spazio mento  (area del mento e sottomento: chi?, bello, scusa, mamma); spazio collo (zona indicante del collo, del mento e delle spalle: colletto, costretto, porco);  spazio della spalla e del tronco superiore (si fa riferimento ai due lati del tronco superiore e alle spalle: avvertimi, responsabile, mio); spazio petto (si fa riferimento alla zona centrale del tronco: rimorso, fiducia );  spazio del tronco inferiore e anca (i segni indicativi: figlio, fame); spazio del braccio superiore, inferiore e gomito (segni su tutto il braccio, compreso il gomito: povero, maleducato); spazio del polso (è una zona molto ristretta: malato, prigioniero, bracciale). Tutti i segni dunque hanno uno spazio, che possiamo metaforicamente affermare che è la loro casa o residenza.
Le configurazioni. La mano è la macchina più stupenda e complessa che esiste. Può adattarsi a molte configurazioni nell’esecuzione dei segni. Stokoe, nell’ASL, aveva individuato 19 configurazioni o cheremi, che raffigurò con un simbolo corrispondente alle lettere dell’alfabeto manuale e a numeri cui esse corrispondevano nella cultura sorda e, eventualmente, udente americana. Le configurazioni riscontrate nella LIS sono 38, delle quali 6 di utilizzazione ristretta, per lo più adottate come lettere d’alfabeto), delle restanti 32 solo 25 possono considerarsi configurazioni distinte, le restanti 7 sono configurazioni che si modificano  in vari segni.
I movimenti. La vista vede, appunto perché vede sa dove si trova un oggetto e lo considera quando si muove. Il movimento dà vita al segno, lo veste. Così come avviene per la parola vocale nell’intonazione. Il/i movimento/i è/sono fondamentale/i per conoscere il contenuto del segno. Bisogna valutare, poi, la posizione della mano. Prima di “muoversi” la mano o le mani devono prendere una posizione, che è assunta rispetto al corpo e/o all’altra mano.  Stokoe ha tenuto in considerazione l’orientamento pensando però solo all’orientamento del palmo, fermando l’attenzione sullo spazio e l’articolazione. Nella LIS le posizioni della mano sono: polso piegato (in avanti e all’indietro, di lato); orientamento del palmo e direzione del metacarpo (verso l’alto, verso il basso, verso sinistra, verso destra, verso il segnante, verso l’avanti); posizione della mano o delle mani verso il corpo; posizioni nello spazio delle mani in segni a due mani. Dopo l’attenzione sulla posizione delle mani, occorre valutare il parametro movimento. Stokoe ha fatto presente che nell’ASL ci sono all’incirca 24 movimenti. Stokoe specifica che i tratti di ciascun movimento è diviso in quattro categorie: direzione, maniera, contatto e interazione.
Aspetti morfo-sintattici. Chi non conosce a fondo la LdS sia a livello teorico sia pratico suppone che sia priva di strutture grammaticali che permettono di descrivere la lingua vocale. E’ noto che, gli ignoranti di tale lingua, pongono le solite domande su: come la classe dei nomi da quella dei verbi? Come distinguere, senza coniugazioni del verbo, la persona, il numero, il tempo o il modo? E che dire dei pronomi possessivi, personali o dimostrativi?  Chi ha esperienza di studio delle lingue vocali avrà notato che ciascuna lingua si giova di particolare elementi lessicali per discriminare il significato o il referente. Alcune lingue molto flessibili, come l’italiano o il latino, ricorrono a un sistema di alterazioni fonologiche delle loro parti lessicali. Invece le lingue analitiche, il cinese o l’inglese per esempio, possono ricorrere a particolarità (il tono in cinese) o strumenti semantici, pragmatici o sintattici (per esempio l’inglese). E nelle lingue dei segni spesso si ricorre alla ripetizione del movimento o di alcuni tratti, alla durata, all’intensità o all’ampiezza. Questa flessibilità delle lingue dei segni appare funzionalmente e concettualmente adeguata ai processi morfologici di tipo analogo riscontrati in molte lingue vocali (E. Pizzuto 1987). E’ evidente che la grammatica della LdS va studiata su precise regole fornite, non solo dall’esposizione a tale lingua e nel dialogo segnico, ma anche da un docente di lingua dei segni.
Ordine dei segni. Dalla metà degli anni Sessanta si è iniziato a dare importanza, nelle lingue vocali, all’ordine delle parole nella frase. E nella LdS che accade? Nell’ASL è stato notato che l’ordine segue SVO (soggetto-verbo-oggetto). Comunque è stato fatto presente che ordini diversi sono presenti quando si voglia indicare a) un elemento topicalizzato, b) il  soggetto e l’oggetto sono irreversibili, c) il segnante usa lo spazio come indicatore di meccanismi grammaticali. Anche in LIS segue l’ordine VSO, con variazioni di spostamenti topicali dell’oggetto a sinistra (OSV) o del soggetto a destra (VO,S).. L’ordine SOV è accolta quando c’è una pausa dopo il primo elemento.
   Altri aspetti che accompagnano l’emissione della LdS è l’espressività facciale o la postura del corpo per rappresentare sentimenti, emozioni o stati fisici.
La LdS è utile per aiutare il bambino sordo ad accedere concettualmente nella lingua vocale (Bouvet D., 1986) e soprattutto lo favorisce per entrare in comunicazione coi simili coi quali, relazionando, perfezionerà tale lingua, utile nello sviluppo cognitivo e nell’informazione.
Vedi:
N. Angelini - R. Borgioli - A. Folchi - M. Mastromatteo, I primi 400 segni. Piccolo dizionario della Lingua Italiana dei segni, La Nuova Italia, Firenze 1991.
D. Bouvet, La parola del bambino sordo, Masson editori, Milano 1986.
M. Caselli - S. Corazza, LIS. Studi, esperienze e ricerche sulla Lingua dei Segni in Italia,  Edizioni Del Cerro, Tirrenia 1997. 
R. Pigliacampo, Parole nel movimento. Psicolinluistica del sordo, Armando, Roma 2009.
E. Radutsky, (a cura di), Dizionario bilingue elementare della Lingua Italiana dei Segni, Edizioni Kappa, Roma 1992.
O. Romeo, Dizionario dei segni, Zanichelli, Bologna 1991.
O. Saks, Vedere voci., Adelphi, Milano 2000.

V. Volterra, (a cura di), I segni come parole: la comunicazione dei sordi, Boringhieri, Torino 1981
V. Volterra, (a cura di), La lingua italiana dei segni. La comunicazione visivo-gestuale dei sodi, Il Mulino  Bologna 1987. 

 

LE DUE PAROLE

Lunedì, Gennaio 16th, 2012

Tutte le parole sono immote:

e pure io mi fermo con esse.

Solo i bambini ci giocano.

Non sanno quanto malvagie sono!

Eppure c’è chi

- l’illuso poeta per esempio -

le eleva in canto per circuire l’amore.

Ma non sempre aprono il cuore.

La parola è tragica, infame.

Sacrificio per il bambino che non ode.

Ne conosce il peso, ci va adagio.

Nella mia bisaccia conservo due parole:

quella che annunciò la mia nascita, alfa

l’altra che un giorno con me poserò, omega.

dalla silloge inedita Penite animus