Giustizia e disabilità (prima parte)
Venerdì, Gennaio 7th, 2011Martha C. Nussbaum ha portato l’attenzione sulla teoria delle capacità, allo scopo che ciascuno di noi raggiunga la felicità che esprimerà secondo le sua potenzialità. L’autrice ammette che è un errore del nostro tempo (cfr Le nuove frontiere della giustizia. Disabilità, appartenenza di specie) che la democrazia e la politica devono essere gestite solamente da chi è giudicato normale. Portando di fatto l’attenzione su tre problemi irrisolti: 1) le questioni della giustizia nei confronti delle persone con handicap; 2) il problema dell’estensione della giustizia a tutti i cittadini; 3) il nostro modo di trattare gli animali non umani.
L’autrice ha presente che è sbagliato considerare cittadini – come succede in particolare oggi – solo baldi giovanotti, escludendo l donne, i bambinoni, gli anziani e i disabili. Siamo nell’errore iniziale di fornire i principi politici fondamentali di una società solo ai giovani, ma dobbiamo far sì che sia estesa a tutti i cittadini. Per Nussbaum la teoria della giustizia di Rawls è la migliore perché non esclude nessuno dalla partecipazione democratica se non che chi si vuole tirar fuori dalla società stessa. Se i disabili sono considerati membri della società, come i fondo essi sono, è evidente che la società è chiamata a risolvere i loro problemi di partecipazione (superamento della disabilità delle strutture e del personale specializzato ) affinché le loro potenzialità siano attive nel conteso della stessa società. Una volta, per esempio, si torturava chi mancino. Era un pregiudizio. Considerato addirittura handicappato, simile alla donna che, a detta degli uomini, incapace di esercitare delle professioni in quanto soggetta al ciclo mensile, e di fatto disadattata a decidere con serenità in quei periodi. La democrazia allora non esiste per disabili? E chi la garantisce poi? Sono sempre “quelli lì” a comandare con le stesse strutture dotate per i normali. Questo, di fatto, mina la democrazia alla base perché qualcuno manca. E ciò che dice Sylvain Maréchal nel Manifesto degli Eguali nei quali sono ammessi gli affilati egualitarismi di Babeuf e dei suoi congiunti. Maréchal invoca una società in cui «non ci sono più fra gli uomini altra differenza che quella dell’età e del sesso».
Buttare fuori con disinvoltura donne, bambini e handicappati dalla nave della politica quando lo si fa nel loro primo affacciarvisi perché c’è il sospetto che siano migliori, soprattutto nei confronti dei bambini accostati per l’alfabetizzazione sulla Giustizia, anche con la presenza di Figure carismatiche o da imitare, e se li escluderemo (a parte la farsa dei consigli comunali dei bambini) ci comportiamo nello stesso modo di quando schiavi, donne, handicappati e stessi bambini non avevano nessun diritto. Non dobbiamo più continuare a giocare sull’ambiguità del termine «diritti dell’uomo», occorre, invece, valutare che cosa può dare quest’uomo quando è messo nella condizione di partecipare nelle sue potenzialità per facilitare la crescita della democrazia nella società.