Archive for Aprile, 2008

Jean Léonard Touadi, Wanda Montanelli e..

Martedì, Aprile 29th, 2008

Jéan Léonard Touadi è venuto dal Congo nel nostro Paese decine di anni fa, per studiare. Ha sposato una donna italiana. E’ entrato poi nella vita politica e, durante il mandato del sindaco Veltroni al comune di Roma, ha rivestito la carica di Asessore alla Sicurezza e alle Politiche Giovanili. Il leader dell’IdV Di Pietro l’ha candidato alla Camera dei Deputati, probabilmente con l’intenzione di dar «voce» alle persone immigrate che sono in questo Paese, sensibile apertura alla «diversità» e al multiculturalismo verso cui ci incamminiamo. La sua serietà, la cultura, l’esperienza di mediatore linguistico e delle necessità degli immigrati hanno convinto Di Pietro ha dargli la possibilità d’essere eletto nel parlamento italiano. Su quest’apertura da plaudire ce n’è un’altra che lascia perplessi gli elettori idvisti.

Mi riferisco allo sciopero della fame della responsabile nazionale delle donne dell’IdV, Wanda Montanelli, per la quale i vertici dell’IdV non considerano le donne, se non che - come diceva la Santaché nei confronti di Berlusconi - solo a livello… orizzontale (!). La Montanelli, senza dubbio, è una donna coraggiosa che porta l’attenzione sulla politica delle scelte amicali, per non dire domestiche. I giornali italiani non considerano - a parte un intervento del Presidente della Repubblica - la “battaglia” di Wanda Montanelli. Tanto più IdV nazionale. Tutto è ammantato di silenzio.

Un’altra cosa che mi preme far sapere, e che mi riguarda, è la seguente. Nel predisporre i nominativi dei candidati da inserire in Lista per le elezioni politiche, la dirigenza della mia regione, le Marche, aveva proposto anche il mio nome, all’altezza di comunicare quei valori che, a giudizio dei vertici dell’IdV, sono presenti nelle nostre “battaglie”. Dopo aver chiesto delle garanzie a livello nazionale, delle chances per cui mi sarei speso per farmi apprezzare in campo elettorale, e non considerato ‘portatore d’acqua’, non avendo ricevuto il suppoto, ho deciso di rinunciare. Di Pietro - e chi ha lavorato alle Liste con lui - ha sorvolato sui nomi che avrebbero dato lustro e conferma ai “valori” per i quali impegna le sue energie. Invece ha accolto nelle sue file l’uccel di bosco (ex Udeur) David Favìa, vicepresidente dell’assemblea del consiglio regionale. Così facendo ha scavalcato le regole democratiche, relegando simpatizzanti e iscritti alla mutezza, che è peggio del silenzio - del mio Silenzio! - che, grazie alla mia tenacia, «sa parlare». Favìa è stato eletto. Evviva! Io l’ho votato e l’ho fatto votare. Come per il candidato al senato, Gianfranco Borghesi. Chi scrive non ha bisogno, grazie a Dio, di ‘puntare’ sulle prebende fornite dalle Istituzioni politiche, ma si è sempre proposto e combattuto in prima fila per far sentire la “voce” nelle istituzioni delle persone che, sul serio, subiscono le sciagurate scelte degli incompetenti. Eppure, anche Di Pietro, ha sempre affermato negli incontri che «noi siamo una risorsa nel partito». Possiamo intuire le pressioni a cui egli è sottoposto, ma sarà più credibile se, una volta tanto, sarà capace di contraddirsi aprendosi veramente alle scelte democratiche della base e alla meritocrazia senza tornare alla obsoleta politica del passato, del no ai “disabili” (ci riguarda), alle “donne” (riguarda Wanda Montanelli) e, invece, il a ben nove candidature (riguarda Silvana Mura), e il a sei candidature (riguarda Leoluca Orlando).

Ci sono tanti altri «sì» ingiustificati, mi dicono gli amici. Non mi abbasso ad indagare sui cavilli con cui si è superato l’ostacolo per essere accolti in Parlamento. Attendo i frutti del lavoro dei “prescelti”. Mi pongo una semplice domanda: l’Idv serve ad un gruppo ristretto di persone o per il Progetto originario per il quale, molti italiani, si innamorarono di ADP?

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La furbizia di Tonino, il contadino

Sabato, Aprile 19th, 2008

Il presidente dell’Idv nelle elezioni politiche è andato a fiuto e c’azzeccato. Prima di accasarsi col Pd è andato, con umiltà, alla corte del suo timoniere (Veltroni). Forse aiutato dalla benevolenza di Prodi. Il quale, per il nostro contadino, ha sempre avuto un occhio di riguardo. Tonino ha capito a volo che è meglio avere certezza dell’uovo oggi che della gallina domani. E’ l’esplcito ragionamento di taluni partiti barcolanti. Per ora mi prendo - pensava il nostro presidente - quanto basti per superare l’ostacolo per entrare in parlamento, poi…  Non l’ha dato a vedere ma puntava a percentuali quadruplicate rispetto alle politiche precedenti (2006), senza  cadere nei presunti machiavellismi bertinottiani, o nell’ebefrenico linguaggio hard della vestale di Storace, intronando il capezon del  teleutente. Affermare comunque che Di Pietro sia stato una volpe è offensivo nel suo pathos di difesa della Giustizia. E’ stato sospinto dall’intuizione concreta del fare. Nelle campagne da cui proviene ha appreso dal genitore contadino che, quando i vecchi della casata si lamentano per il dolore della ossa causate dai reumatismi, il tempo sta mutando ed è bene mettere in cascina il fieno secco (…). Il Pd è servito come indicatore di partenza, punto di riferimento come un amico che camminando camminando lo si fa partecipe dei nostri propositi, di una crescita comune. Di Pietro aveva tuttavia intuito che si poteva vincere, ma non è stato supportato nel progetto quando occorreva tirar fuori la manaia e, il compagno del «si può fare» (Veltroni), doveva adeguarsi invece restava quieto nel suo savoir-vivre, confessando carenza di grinta e negligenza di psicologia sociale. Berlusconi è più che furbo, è astuto: e quando un uomo così può permetersi d’investire capitali in politica, l’avverario finisce per non avere scampo. L’uomo di Arcore crea fortune politiche o annienta gli antagonisti. Perciò è amato e odiato in proporzione. La sinistra radicale si è suicidata durante il governo: e poi durante la campagna elettorale. Il loro alfiere è rimasto alle idee di lotta della classe operaia quando oggi, gli artefici dell’economia, possono passare da un ceto sociale all’altro nel tempo d’un giornata. Bertinotti s’è addormentato sui testi di Marx perché non capisce di sociologia e di dinamiche sociali. Un condottiero così, senza approfondimenti di sociologici e psicologici, è alla mercé di un ammaliatore di folle. Svetonio diceva Vulpum pilum mutare, non mores. La volpe cambia il pelo, non i costumi. Lo abbamo costatato durante la guida della Camera di Bertinotti. Egli, uomo di lotta più che di governo, mai ha saputo frenare i suoi ministri di scendere in piazza. Erano chiamati a risolvere i problemi, altro che protestare tra la gente, indebolendo Prodi. Quando Tonino se ne è avveduto delle trappole sparse qui e là, ormai il centrosinistra era toppo debole. Ma nella caduta è stato molto furbo, credibile pro domo sua rispetto alla sinistra morente. Ora, gli idvisti, dimostreranno le loro capacità politiche se riusciranno a ’salvare’ i “naufraghi”. Possiamo provarci fornendo loro le scialuppe dei ‘valori’. E’ bene però che ADP inizi a vedere le persone nel suo partito, allontanando i ‘berlusconisti’, accogliendo le istanze di nuovi gruppi che chiedono d’essere attivi e ascoltati nell’IdV. Ciò sarà possibile far squadra in un modo diveramente migliore.

Ignoranza e pregiudizi

Sabato, Aprile 12th, 2008

I sordi ignoranti detengono pregiudizi nei confronti di chi ha la stessa minorazione sensoriale allo stesso modo degli udenti, più o meno colti, verso il sordo che svolge una pari attività professionale. La popolazione sorda ignorante (letteralmente ignora), ma non stupida, fa difficoltà ad accettare il sordo professionalmente valido e colto. Mi riferisco allo psicologo, al dentista, al medico, al sociologo sordi (…). Il pregiudizio può essere sintetizzato in questa definizione: «Non mi fido di te.» Sono sorpresi spesso quando vengono a conosceza di simili che lavorano come chi ha l’udito in attività professionalmente complesse, con alti titoli di specializazione accademica o dirigono settori specifici in un ente o dipartimento statale. Non c’è dubbio che i sordi trovino difficoltà ad accogliere nel proprio gruppo associativo i simili d’alta cultura. Statistica ed esperienze dimostrano che i sordi di cultura inferiore o bassa eleggono a governo delle loro sezioni o centri soggetti culturalmente disagiati. Pochi sordi laureati e/o con capacità di comunicare per iscritto, pur segnanti, riescono a farsi eleggere nelle cariche associative periferiche e, talvolta, nazionali. Gli udenti appartenenti ad un gruppo o associazione, di evidente limitatezza culturale, si avvedono sùbito - confrontandosi con i soci colti e documentati - che non sono idonei a guidare la categoria o l’associazione. I sordi no. La prima cosa che fanno è «imitare i segni colti», meccanicistici, magari estrapolati in un seminario o dibattito occasionale, incapaci di sviluppare l’argomento con la lingua dei segni, evidenziando facilmente all’esperto di trovarsi di fronte a «segni fatti». Poi non mancano mai di plaudire, nei contatti ufficiali con le autorità politiche o negli incontri associativi tra loro, alla propria istituzione e a chi la livello dirige a livello nazionale. Quando segnano lo fanno con calma, sono chiari nel lessico, non badano ai contenuti ma esclusivamene alla forma per far colpo. Poiché gli ignoranti - siano  udenti che sordi - la considerano parecchio sotto tutte le latitudini! Eccoli allora eletti per dirigere una sezione o per governare i sordi di una regione. Programma e progetti, in questo caso, passano in secondo piano (…). Di solito l’impegno operativo finirà quasi sempre sulle spalle dei segretari udenti di sezione e regionale.

Purtroppo è un circolo vizioso che può essere interrotto attraverso la formazione di quadri dirigenti, accogliendo, ovviamente, nel corso specifico pretendenti leader che siano in possesso di buona base culturale, capacità di comprendere e utilizzare la lingua scritta. Solo  così potranno esercitare il dibattito democratico organizzando tutti i processi di emancipazione strutturali necessari per gli associati.

La preparazione dei docenti specializzati per i sordi

Lunedì, Aprile 7th, 2008

Nelle relazioni tenute negli incontri di convegni, seminari o nelle lezioni accademiche faccio spesso presente ai docenti, agli studenti che occorre reinventare la didattica trasformandola in didattica speciale quando è rivolta al sordo. Sarà possibile allorché il docente conoscerà in modo approfondito la disciplina insegnata, operando di creatività: e nel momento in cui agisce, per raggiungere l’alunno sordo o audioleso, rifonderà il sapere. La maggior parte degli insegnanti è assuefatta alla ripetitività, all’apprendimento di teorie mnemoniche, psittacistiche, che rimangono con loro e con i propri alunni il tempo di un’interrogazione, di una giornata. Alunni e studenti sordi, insisto, hanno il diritto d’avere docenti bravi nella disciplina per cui hanno conseguito la laurea. Ma la scuola ufficiale procede, nella scelta dei docenti per predisporre la graduatoria, attribuendogli un punteggio di servizio  prestato in una sede disagiata, o per figli, o per averne uno disabile, eccetera. Il punteggio è conteggiato al di fuori delle capacità culturali e professionali di chi richiede l’iscrizione in graduatoria. Non si valuta il merito, i progetti didattici, l’aggiornamento, i master (…). E’ triste ammetterlo: spesso siamo di fronte a “dottori in lettere”, futuri insegnanti di lingua italiana, che loro stessi non la conoscono bene, incapaci a esprimere per iscritto un pensiero coerente (…). Se sono scarsi nello scrivere nella lingua del proprio Paese (loro dottori in quella lingua!) quanto più incontreranno difficoltà - per insegnarla -agli alunni sordi? Un buon scrittore sa manipolare i lessemi per trovarne gli efficaci e comunicare al lettore ciò che vuole narrare.  Il docente di lingua italiana non sa programmare secondo i processi psicolinguistici opportuni per l’alunno. Una volta era abitudine dichiarare in giro della «Scuola dei sordomuti» strutturata proprio per i sordomuti dagli udenti. Ma, anche nella sessa, gli insegnanti erano all’altezza nel programmare la didattica? Io ho sperimentato quelle scuole avvedendomi che, taluni “professori”, non avevano i requisiti per esercitare l’insegnamento perché scarsi nella disciplina per la quale avevano ottenuto l’incarico (…). Qualcuno ammetteva malignamente che appartenessero al gruppo dei bocciati per insegnare nelle scuole comuni, cioè ai ragazzi normali, pertanto Prof reciclati ad insegnare ai… sordomuti (sic!). Eravamo sconfitti prima d’iniziare l’anno scolastico. Nel nostro Paese l’insegnamento ai sordi, salvo eccezioni, non è mai stato serio, si è proceduto a vanvera. Lo Stato si è quasi sempre lavato le mani nell’istruzione dei sordi. I docenti sono stati considerati “i guardiani” dei disabili sensoriali, coinvolgendo anche i ciechi nella nostra sfortuna, piuttosto di formare esperti di un’istruzione specializzata. Perché preparare un corpo insegnante qualificato ci vogliono investimenti e riconoscerne poi la professionalità a livello economico.

Ogni ministro dell’istruzione che va a sedersi sulla poltrona di viale Trastevere, a Roma, non capisce che preparando docenti per istruire meglio i disabili sensoriali si riqualifica tutta la Scuola.

Ho deciso di votare IdV, ma…

Mercoledì, Aprile 2nd, 2008

Quando Borges parlava di politica diceva che se ne era occupato “l’indispensabile“. Era intervenuto solo durante il perido della dittatura. Ma quella, aggiungeva, non era questione politica, era questione etica. Vogliamo verificare, nelle liste del partito di Antonio Di Pietro, se vi è stata serietà di scelta, di etica, che è parte delle regole democratiche fondamentali, quale, in primis, il rispetto dell’elettore e del suo consenso.

Su MicroMega n.2/08 Marco Travaglio spiega perché voterà «per il partito di Antonio Di Pietro». Ne elenca i meriti, innanzitutto le liste di persone “pulite” presentate; la battaglia per la legalità sostenuta in questi anni; il no all’indulto per evitare di salvare Previti, furbi, corrotti e mafiosi. Inoltre Travaglio ricorda il rifiuto da parte di IdV del finanziamento pubblico dei partiti e dei giornali di partito; la “pulizia” compiuta da ADP ai vertici dell’Anas cacciando gli inquisiti e i condannati responsabili di ammanchi; l’ordine messo ai progetti faraonici erediati dal precedente ministro Lunardi. Infine, afferma Travaglio, ADP sta dicendo in campagna elettorale che Berlusconi rispetti la sentenza della Corte di Giustizia Europea di Lussemburgo sul fatto che Rete 4 deve essere trasferita sul satellite e liberare le frequenze per far trasmettere all’emittente Europa 7, padrona delle frequenze. Poi ADP è onesto di… famiglia. Un padre contadino gli ha insegnato come guadagnarsi il pane col sudore della fronte. E’ stato studente, lavoratore, emigrante, poliziotto studente per diventare commissario e, di sera, s’impegnava ancora nello studio per il concorso in magistratura. Non c’è dubbio che, il suo impegno, al contrario di quello di Berlusconi imprenditore televisivo o dei media cartacei, è stato sempre solare, nel rispetto delle regole morali (etica).

L’iniziale mio «ma», dubitativo, è sorto dalle ultime vicende relative alla preparazione delle liste politiche ‘calate’ nelle regioni . La legge elettorale attuale dà potere al leader di… vita e/o morte di un politico. Dipende dalla simpatia, dagli interessi più o meno confessabili, da convivenze in squadre sportive adolescenziali, scappatelle facilmente intuibili, eccetera. L’IDV di Di Pietro è una squadra “fidata”. Eppure ADP non ci ha azzeccato sempre, perché due che erano stati privilegiati della sua scelta, Sergio De Gregorio e Federica Rossi Gasparrini, un mese dopo eletti in parlamento, se ne andarono. Questa volta ADP è voluto andare sul sicuro pensando bene chi candidare. Però ha esagerato. Ha dato subito l’ostracismo al suo deputato D’Ulizia, marchigiano eletto in Lombardia, pare approdato alla Camera per costruire appartamenti ai parlamentari, ovviamente su proposte bipartisan (in fondo la sua idea avrebbe fatto risparmiare alla Camera e Senato un mucchio di soldi, considerato che senatori e deputati, per dormire a Roma, si beccano da 2 a 3 mila euro per l’affitto). Tra i candidati priviligiati troviamo l’Onorevole Mura, tesoriera del partito. Ha 8 (otto) chances di riconferma. Candidata alla Camera in Lombardia 3 dopo Di Pietro, alla Camera in Emilia, sempre dopo il Presidente, alla Camera nel Lazio 2, alla Camera in Campania 1, al secondo posto, dopo Di Pietro, sempre in Campania 2, candidata alla Camera. Orlando ha 5 candidature. Antonio Borghesi ne ha due, tre ne ha Donadi e, con sapiente arte e certosina pazienza, riprese dal manuale Cencelli, di mnemesi democristiana, troviamo che chi ha più candidature sarà utilissimo per far entrare un solidale. Per esempio ritornerà il cognato di Di Pietro, Gabriele Cimadoro, che alla Camera in Lombardia 2 è trascinato avanti, guarda un po’, dal cognato e dalla stessa Mura, che ovviamente non gli faranno le scarpe.  A questo punto, un’invipirita Wanda Montanelli, nulla a che fare col grande Indro, responsabile delle donne dell’IdV, ha deciso di protestare, dapprima col digiuno, poi chiedendo un risargimento di 1.600.000 euro al partito. In fondo i partiti prendono soldi dallo Stato ed è evidente che, nelle liste predisposte dall’IdV, ci sono favoritismi. Saremo curiosi di conoscere le decisioni del giudice.

A qualcun altro (di nostra conoscenza…) è stato detto di no perché… “impossibile trovargli un posto idoneo”. Stupisce che i paggi si siano prestati ai giochetti cancellando, in un solo colpo, l’eticità e i valori che muovono e sostengono l’IdV. Comunque sia, rivoterò l’Italia dei valori perché Di Pietro è una delle poche speranze per noi disabili sensoriali, sebbene sappiamo - da tempo - che compie errori di scelta delle persone. Sono pochi i leader politici nel nostro Paese a capire che, i  disabili, sono necessari nel processo socioculturale e politico della comunità. Aspettiamo la loro maturazione con pazienza. E’ un investimento per il futuro.