La partecipazione dei disabili alla politica
Venerdì, Settembre 15th, 2006E’ mia volontà partecipare alla gestione del partito, essere propositivo nel confronto con gli altri iscritti e simpatizzanti. Esaudire questo desiderio è difficile perché, senza che nasconda la verità, taluni non hanno compreso niente sull’apertura dei partiti ai disabili, in particolare sensoriali. Ci vogliono strutture adeguate, personale idoneo per superare le “barriere”. Invece si continua con i luoghi comuni offendenti la mia cultura, il coraggio dell’intelligenza quali “tu sei una risorsa”, “sei il nostro valore aggiunto”, “apri la via agli altri… “. Parole.
La verità è che non sono nulla sino a quando il partito non si libererà dai pregiudizi e dall’ignoranza. Per rendere attivi i disabili in politica ci vuole coraggio tra i dirigenti, lungimiranza e saper rischiare, vale a dire l’onestà di svolgere un monitoraggio se il proprio partito è pronto all’accoglienza. Perché diviene un boomerang – per il partito - lamentarsi o denunciare all’opinione pubblica le leggi non applicate quando, nel proprio, sono escluse le migliori potenzialità dei diversamente abili. Rinnovare è anche (o soprattutto?) valutare le nuove forze che attendono sulla soglia. Io e tanti altri ci siamo stancati di delegare i nostri problemi – si badi bene! – agli incompetenti “normali”. Se oggi sono ricercate meritocrazia e competenza non possiamo far finta di niente dimenticando le energie di persone che, al limite, auspicano la soluzione dei propri problemi.
Nelle Lamentazioni, 4-4 leggiamo: “I bambini chiedevano il pane e non c’era chi lo spezzasse per loro”. I disabili chiedono di superare le “barriere”, non solo quelle “architettoniche”, come credono i soliti che si fermano alla prima valutazione, ce ne sono molte altre, e più gravi: quelle della comunicazione con gli audiolesi e non udenti gravi. Helen Keller, la nota sordocieca, ebbe a dire che “Quando diamo il meglio di noi stessi non ci rendiamo conto di quale miracolo si compie nella vita nostra e degli altri”. Proprio a quest’osservazione volevo approdare: umanizzare la politica, prerogativa in casa di quei partiti che hanno leader che sanno procurare, per ogni iscritto, lo spazio di accoglienza e di espressione che diventano allora vera risorsa, non vuoto slogan come troppo spesso càpita.